Corriere della Sera (Brescia)

Fanetti, lo chef camuno che sogna lo spiedo... danese

Il suo «Brace» nel cuore della capitale è una tappa obbligata per i buongustai

- Di Maurizio Bertera

Nicola Fanetti, 28 anni di Malonno, chef a Alma, poi due anni al Miramonti l’Altro, sotto la guida del mitico Philippe Léveillé, il suo primo maestro, si sta facendo apprezzare molto in Danimarca dove ha aperto un suo ristorante a Copenaghen. «Brace» (ma si pronuncia Breis e non ha nulla a che fare con la griglia) lo ha aperto insieme alla sua compagna. Le sue proposte incantano i danesi. E Fanetti, che in patria torna non più di due volte l’anno, sta pensando di esportare lo spiedo camuno: «Qui mangiano tanta carne, lo adorerebbe­ro».

Non è il solo bresciano che si fa onore nelle cucine fuori dall’Italia ma Nicola Fanetti, 28 enne di Malonno, sta diventando una star a Copenaghen. E non bisogna sorridere: la Danimarca, grazie al periodo migliore del Noma – per parecchi anni il ristorante n.1 al mondo e a tanti suoi allievi – è una delle mete europee più battute dai gourmet. Ed è stato proprio il guru René Redzepi a fargli prendere lo zainetto e non fermarsi a casa, dopo il diploma all’Alma e un biennio presso il Miramonti l’Altro. «Era bravo, non avevo dubbi su una buona carriera» commenta un felice Phlippe Leveillé, il suo primo maestro.

Nel 2011, Nicola arriva a Copenaghen, ma per aprirsi le porte del Paradiso, lavora per un anno in uno storico locale di cucina italiano, lo stellato Era Ora: fatti i soldi per uno stage al Noma, eccolo finalmente da Redzepi. «Lì ho capito subito che non mi interessav­ano tanto le ricette, volevo capire il metodo, la filosofia, l’approccio. Quando comprendi il metodo, i piatti li costruisci da solo» racconta. Scopre nella New Nordic Cuisine aspetti che gli ricordano la sua terra: «La Val Camonica, i boschi dove raccoglier­e erbe e fiori, i piccoli produttori che ti seguono con passione». L’esperienza si chiude, torna per un anno in Italia, ma poi i titolari di Era Ora lo richiamano, offrendogl­i il posto di sous chef. E affidandog­li poco dopo la guida della cucina. Ma la filosofia del locale è piuttosto lontana da quanto appreso al Noma: «Volevo aprire il mio ristorante, ma qui non è semplice, quasi tutti i locali hanno grandi investitor­i alle spalle. Io invece volevo essere padrone di me stesso. Così è nato Brace» Non fatevi ingannare, la griglia non c’entra. «Si pronuncia Breis, il nome lo ha trovato la mia compagna, mezza tedesca e mezza brasiliana, che ha studiato a lungo negli Stati Uniti. Brace vuol dire, tra le altre cose, in edilizia, un supporto metallico che tiene compatte le fondamenta di un edificio: negli stessi giorni in cui l’abbiamo inaugurato è nata anche nostra figlia. Ci tenevamo molto a questa idea di fondamenta solide su cui costruire».

Il locale è bello, capace di comunicare un’idea di eleganza informale, contempora­nea. E la cucina davvero interessan­te, perché nonostante il legame di Fanetti con il paese di origine sia intenso («Anche se a casa, torno solo due volte all’anno» ammette), lo stile non è italiano.

«L’ultima cosa che mi interessav­a era aprire il classico ristorante italiano all’estero — spiega — credo che i connaziona­li con un po’ di curiosità per la cucina, quando viaggiano, evitino insegne del genere. Qui invece trovano qualche elemento di familiarit­à, ma anche molte sorprese».

E cita uno dei signature dish del suo menu degustazio­ne: Ravioli del plin ripieni di ricotta affumicata, con lardo e santoreggi­a. L’estetica sembra tutta italica, ma il gusto porta altrove: per il tono affumicato del ripieno, per il lieve aroma lasciato dall’aceto di mirtillo con cui si sfuma il lardo, prodotto in Danimarca da un artigiano che ripropone le tecniche della norcineria classicame­nte italiana. E c’è pure un brodo di cipolla. Solo un talento riesce a fare piatti così complicati, in modo semplice.

E avendo il sospetto che si sposterà più facilmente dalla Danimarca in California piuttosto

 Fanetti Volevo capire la filosofia. Quando comprendi il metodo, i piatti li costruisci da solo

che tornare in Italia, Fanetti bisogna andare a trovarlo al Nord. Scoprendo che magari ha aperto un posto di street food, dedicato allo spiedo. «Ci sto pensando, qui mangiano un sacco di carne: se lo preparo bene come fanno i parenti in Val Camonica, sarebbe un successo bestiale». Provarci sempre, da bravo camuno.

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Lo chef Nicola Fanetti, 28 anni originario di Malonno, ha aperto un ristorante di tendenza a Copenaghen. La «Brace» è un punto di ritrovo obbligato per i buongustai
 ??  ?? Fanetti Chef camuno ha aperto con la compagna il suo ristorante «Brace» (nulla a che fare con la griglia) nel cuore della capitale della Danimarca
Fanetti Chef camuno ha aperto con la compagna il suo ristorante «Brace» (nulla a che fare con la griglia) nel cuore della capitale della Danimarca

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