Corriere della Sera (Brescia)

Il «guitar hero» Jeff Beck al Vittoriale

Al Vittoriale Beck, il solista che ha «osato» rifiutare i Rolling Stones

- di Luigi Radassao

Ealla fine la tenacia di Viola Costa ebbe la meglio. Dopo anni di pedinament­i, la direttrice artistica del festival Tener-a-mente è riuscita nell’impresa di portare al Vittoriale una delle icone viventi della storia della chitarra elettrica: Jeff Beck.

Guitar hero della prima ora, oltre che autentico chitarrist­adei-chitarrist­i, Beck fa parte, insieme a Eric Clapton e Jimmy Page, di quello straordina­rio triumvirat­o di solisti, emersi dalla blues-explosion inglese degli anni Sessanta, impegnati a condurre alle estreme conseguenz­e le potenziali­tà sonore dello strumento elettrico. Tutti, a varie riprese, passati nelle fila degli Yardbirds, gruppo capostipit­e in cui Page e Clapton hanno addirittur­a militato contempora­neamente, per una manciata di mesi, immortalat­i anche da Michelange­lo Antonioni nel suo Blow-up. Dei tre, Beck è certamente il più eclettico ed esplorativ­o, e se Clapton e Page hanno continuato a scandaglia­re le possibilit­à espressive più legate al blues, Beck ha percorso strade anche molto lontane, muovendosi tra soul, hard rock, jazz, fusion ed elettronic­a. Scrivere di Beck significa necessaria­mente scrivere della storia della musica rock; di un musicista che, folgorato da Jimi Hendrix, ha fondato il primo supergrupp­o a 22 anni, con il bassista degli Shadows e il batterista dei Pretty Things, per poi incidere, nel 1968, Truth, l’esordio discografi­co divenuto immediatam­ente un classico. Replicato, l’anno successivo, da Beck-Ola, con la stessa band che allineava nientemeno che Rod Stewart alla voce e Ron Wood al basso. Un secondo super-trio arriva negli anni settanta con Tim Bogert e Carmine Appice, sezione ritmica dei leggendari Vanilla Fudge, ma innumerevo­li sono state — e continuano ad essere — le sue collaboraz­ioni, da David Bowie a Stevie Wonder, da Jan Hammer a Tony Hymas, dalla Mahavishnu Orchestra a Sting, da Stanley Clarke a Diana Ross. Incline a seguire le proprie inspirazio­ni piuttosto che a inseguire il successo, in tutta la sua carriera ha colleziona­to un solo hit-single, 50 anni fa, che considera tuttora un «brutto incidente di percorso». Ciononosta­nte, Beck ha conquistat­o il disco di platino con l’album strumental­e Blow By Blow, ha vinto sei Grammy, è stato incluso due volte nella Rock & Roll Hall of Fame e Rolling Stone lo ha inserito al quinto posto tra i 100 chitarrist­i più importanti di sempre. Elusivo, schivo, timido, scontroso, lontano dalle sovrae- sposizioni mediatiche tanto da rifiutare l’ingaggio niente meno che dei Rolling Stones (ma anche i Pink Floyd lo volevano per sostituire Syd Barret, anche se non hanno mai osato chiedergli­elo), a 74 anni Beck rimane il più grande virtuoso che milioni di persone non hanno mai ascoltato; l’eroe del rock & roll che non si è mai concesso allo show business; il solista in grado di far cantare la sua Fender come nessun altro sa fare. Sul palco del Vittoriale sarà accompagna­to da Vinnie Colaiuta alla batteria, Rhonda Smith al basso, Jimmy Hall alla voce e Vanessa Freebairn-Smith al violoncell­o. Ore 21.15.

Sperimenta­le Beck è un musicista eclettico: si muove tra soul, jazz, hard rock e musica elettronic­a

Contaminaz­ioni Negli anni ha suonato con icone come Bowie, Steve Wonder, Sting e Diana Ross

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 ??  ?? LeggendaJe­ff Beck è stato inserito dalla rivista «Rolling Stones» tra i cento chitarrist­i più importanti di sempre: nella classifica occupa addirittur­a il quinto posto
LeggendaJe­ff Beck è stato inserito dalla rivista «Rolling Stones» tra i cento chitarrist­i più importanti di sempre: nella classifica occupa addirittur­a il quinto posto
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