Toussaint, un filo blu luminoso come labile confine tra arte e design
Nell’oscurità trapelano geometrie sospese: puri segni di luce imbevuti di un colore bluastro. Dipinti, arazzi, collage, sculture, installazioni al neon e un filo blu, la sua ossessione, che permea ogni stanza: quello di Jacques Toussaint è un viaggio rarefatto in cui ogni forma sembra fluttuare nell’aria e infonde un senso di straniamento al pubblico. La sua poetica rigorosa, fatta di segmenti e linee minimali, è in mostra da Kanlidarte (via Mario, fino al 18 luglio), in un’antologica che racconta l’evoluzione dell’artista francese che ha trovato la sua alcova creativa in Italia, dove si è trasferito nel 1971. La sua ricerca contamina e confonde arte e design, linguaggi diversi ma intimamente connessi da un pensiero che amalgama anarchia creativa e indole funzionale, poesia e razionalità, simmetria e asimmetria. Il lavoro artistico di Toussaint — fluido e in perenne movimento — scaturisce dallo studio della geometria e si nutre della composizione di segmenti (e, talvolta, di archi) fatti di materia o di puri segni di luce. Forme immerse nello spazio della galleria, che diventa parte indissolubile dell’opera anche grazie al ricorso ossessivo del neon blu, la cifra stilistica dell’artista. Il colore evoca un ricordo d’infanzia dell’artista: i cantieri parigini dove i muratori segnavano i livelli con un lungo cordino immerso nella polvere color cobalto che, teso tra due punti e pizzicato, intrideva le pareti con una traccia blu intenso. In questo viaggio tra geometrie labili e rigorose al tempo stesso, il confine tra l’opera e la sua ombra è talmente labile da divenire l’uno parte integrante dell’altra.