Cucina, largo alle signore stellate
Sono sempre più numerose ai fornelli e in sala, le storia di tre pioniere bresciane
Sono sempre più numerose in un ambiente per decenni dominato dai maschi. Sono le donne stellate della cucina italiana, quelle che si distinguono per la loro creatività e per originalità. Abbiamo raccontato la storia di tre pioniere bresciane ai fornelli e in sala. A confidarsi con il Corriere Giuliana Germiniasi e la figlia Francesca del Capriccio di Manerba, Daniela Piscini di Miramonti l’Altro di Concesio e Nadia Vincenzi dell’omonimo locale di Erbusco.
Daniela Piscini è una delle «signore» della ristorazione italiana. Dòmìna, nel senso pieno della parola latina — ossia padrona di casa — del Miramonti l’Altro, il due stelle per eccellenza della provincia di Brescia: ed è casa vera, perché all’interno di una delle tante villette di Concesio sembra di stare in un grande salotto. Dove lei, responsabile della sala, vigila su ogni dettaglio, con leggerezza e l’immancabile sorriso. E dire che quando ha iniziato 31 anni fa, girare tra i tavoli era quanto di più lontano dai suoi progetti. «Terminati gli studi, volevo solo racimolare, nel locale di famiglia, qualche soldo per pagarmi le vacanze ma è stato un colpo di fulmine — racconta — tanto che non l’ho più abbandonato». E ha persino trovato il marito in cucina: Philippe Leveillé, bretone giramondo, arrivato al Miramonti nel ’92 e ormai più bresciano di tanti concittadini. Si sono sposati nel 2003 e formano una delle coppie più note e simpatiche della cucina. «Dicono non sia facile stare insieme, in un mondo totalizzante come il nostro, dove hai come priorità il ristorante e fai orari complicati. Il segreto? Intanto, occuparsi di due aspetti differenti come facciamo noi e poi il buon senso: è impossibile lasciare fuori dalla porta di casa i problemi lavorativi ma bisogna impegnarsi il più possibile per non portarli sempre all’interno». Ultimamente si vede qualche ragazza in più nei ristoranti: è un’impressione? «È vero, resta un lavoro decisamente maschile e in tanti locali, anche importanti, riscontro una visione un po’ bloccata sul tema. Per me avere ragazze in cucina e soprattutto in sala è un valore aggiunto. Riscontro nelle giovani una gran voglia di fare, di mettersi in gioco, di crescere. L’importante è che abbiano la consapevolezza di cosa sia questo lavoro e non si fermino al primo passo. Bisogna studiare e girare nel tempo libero, per vedere cosa succede nel mondo e imparare. Ma io sono felice di averne tante qui, sono brave e non mollano mai». Non sono chiacchiere ma scelte precise. Al Miramonti l’Altro, a parte chef Leveillé e un capo-partita lavorano solo donne. Forse è un record in Italia. «È un gruppo bellissimo, senza invidie ed è anche grazie a loro che il locale sta vivendo un ottimo momento». Tra i saggi consigli della patronne, c’è anche quello di non frequentare i cuochi? «A loro non dico niente, io risposerei Philippe cento volte: gli chef sono un po’ genio e sregolatezza, ma non ti annoi mai con loro». (m.b.)