Corriere della Sera (Brescia)

Capitan Beatrice non naviga più

Alberi, detriti, nessuna manutenzio­ne del fiume Ad Arena Po, sponda pavese, si è insabbiato il sogno di padre e figlia: fare crociere turistiche

- Di Ermanno Bidone

PAVIA «Quest’anno, coi livelli buoni, alla fiaccolata sul fiume al confine con l’Emilia c’eravamo anche noi. L’anno scorso a giugno il Po era già in asciutta, non ci abbiamo neanche provato. Troppo rischioso, senza cartelli e senza la garanzia di avere un canale navigabile. Si rischia di restare insabbiati con tutti i passeggeri a bordo. Siamo costretti a disdire le prenotazio­ni». Arena Po, frazione Frega, ore 8.30. Carlo Alberto Faravelli e la figlia Beatrice sono indaffarat­i. Sistemano i fiori nei vasi appesi ai parapetti, tendono le cime che tengono ancorato il pontile alla sponda, controllan­o lo scafo del battello, l’elica, il motore. Il Po ha iniziato a calare. E contro ai piloni del ponte di Spessa, poco più a valle dell’attracco, inizia ad emergere un’enorme catasta di detriti portati dalle piene: tronchi, rami, interi alberi sradicati, che solo grazie alla cura quotidiana della famiglia Faravelli non hanno provocato danni al pontile (pubblico) e al battello.

Sabbia, legna, quello che ieri era una risorsa preziosa per le popolazion­i rivierasch­e, oggi è un problema che resta irrisolto. «Nonostante tutte le promesse, ci hanno lasciati da soli», dice Carlo Alberto, una vita coi piedi e il cuore nell’acqua del Po. Nel tratto pavese il fiume serpeggia pigro tra le due sponde e, quando il livello si abbassa, per navigare servono indicazion­i precise. Uno dei punti più temuti è il pé d’la roca (piede della rocca), dove le rocce dell’Appennino s’inabissano nel fiume. «Li ci vorrebbe una boa — spiega — e nel resto del percorso i cartelli». Scendendo verso l’Emilia, le cose non vanno meglio. Anche qui manca la segnaletic­a e, durante le magre, non si passa, nonostante la barca «peschi» solo 65 centimetri. «Sarebbe sufficient­e intervenir­e in pochi punti nell’arco di molti chilometri, togliendo sabbia e ghiaia, e potremmo navigare in sicurezza. Il problema è che l’hanno fatto una volta sola, quindici anni fa, all’inaugurazi­one dei pontili. Poi non si è più visto nessuno». Il 30 giugno di quell’anno, governator­e lombardo Formigoni, fu siglato un accordo per lo sviluppo del turismo fluviale. Fu messo a disposizio­ne 1 milione di euro per la creazione di tre attracchi nell’arco di 20 km (due ad Arena Po e uno a Rea), aree attrezzate, piste ciclabili, pulizia dell’alveo e segnaletic­a. Tra i firmatari, oltre alla Regione, una pletora di enti ed organismi tra cui Provincia di Pavia, 13 Comuni, Autorità di bacino, Parco del Ticino, Agenzia interregio­nale per il Po e Azienda regionale navigazion­e interna, in seguito inglobata nell’AiPo. La stessa che, in base agli accordi, avrebbe dovuto «eseguire i lavori di manutenzio­ne del canale navigabile, il suo monitoragg­io e il relativo segnalamen­to» anche negli anni a venire. Dal quartier generale dell’AiPo la risposta è telegrafic­a: «Al momento non ci sono risorse per queste attività». Qualche mese fa, Carlo Alberto ha scritto anche al prefetto di Pavia: «Non sappiamo più cosa fare, abbiamo investito più di 300mila euro. Anche le richieste più semplici diventano ostacoli insormonta­bili. Essendo tra i pochissimi ad utilizzare questi attracchi e gli unici a fornire un servizio “di linea”, abbiamo chiesto di spostare quello di Rea a valle, nei pressi del Ponte della Becca, dove potremmo raggiunger­lo e tenerlo monitorato. Ma non hanno risposto».

Alla località Frega intanto è arrivato anche il sindaco di Arena, Alessandro Belforti. «Con i nostri volontari possiamo pulire un po’ le rive, tagliare qualche pianta. Perché non si può togliere un po’ di sabbia dal fiume? Si terrebbe aperto il canale e rivendendo­la si otterrebbe liquidità da reinvestir­e nella manutenzio­ne delle sponde, oggi abbandonat­e. Invece si fa l’esatto contrario. Capisco che enti come Aipo non abbiano personale, ma allora che vengano destinati fondi ai Comuni. Così non si va da nessuna parte». Carlo Alberto Faravelli scruta l’orizzonte lattiginos­o di fine giugno e scuote la testa: «Mi hanno proposto di portare la barca a valle di Piacenza. Ma io qui sono nato, mio padre fu l’ultimo responsabi­le del ponte di barche che sorgeva proprio in questo punto, vorrei che mia figlia potesse lavorare qui dove è cresciuta».

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● Sabbia e altri detriti oggi rendono impossibil­e la navigazion­e nel tratto pavese
● L’AiPo, l’Agenzia interregio­nale per il fiume Po, non può fare la manutenzio­ne del Po per mancanza di risorse ● Sabbia e altri detriti oggi rendono impossibil­e la navigazion­e nel tratto pavese
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Il battello «Beatrice» pilotato da Beatrice Faravelli e da suo padre, durante una crociera turistica su Po. A causa della scarsa manutenzio­ne del fiume, la navigazion­e è stata interrotta
Il battello Il battello «Beatrice» pilotato da Beatrice Faravelli e da suo padre, durante una crociera turistica su Po. A causa della scarsa manutenzio­ne del fiume, la navigazion­e è stata interrotta

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