Arpa: è record di indagini ambientali
Ma il dipartimento è sotto organico
È boom di indagini ambientali per il dipartimento dell’Arpa di Brescia, che negli ultimi 15 mesi si è vista affidare dalla magistratura un numero record di approfondimenti su sversamenti illeciti e smaltimenti abusivi.
Merito della legge 132 del 2016, che ha «ridato» la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria anche ai dipendenti dell’agenzia (qualifica che in Lombardia era stata tolta nel 2011 dalla giunta Formigoni). Le indagini erano 180 nel 2016, salite a 250 nel 2017 ed a 150 nei primi tre mesi di quest’anno. Resta però un problema d’organico: se Brescia ha circa il 20 per cento delle criticità ambientali regionali ha solo il 6 per cento del personale delle Arpa lombarde. Una sofferenza che rischia di farsi sentire nell’espletamento dei controlli delle oltre 440 aziende soggette ad autorizzazione integrata ambientale (Aia). E se restano tante le criticità ambientali in provincia, cresce la sensibilità dei cittadini «artefici» del 40 per cento delle segnalazioni.
Nella provincia dalle mille criticità ambientali, con il record di discariche e aziende impattanti, hanno subito un vorticoso balzo in avanti le eco-inchieste affidate ad Arpa. Le attività di polizia giudiziaria erano 180 nel 2016, sono passate a 250 nel 2017 e sono già 150 solo nei primi tre mesi di quest’anno. Fondamentale è stata una legge del 2016, che ha riammesso la possibilità di nominare gli operatori Arpa ufficiali di polizia giudiziaria (upg), competenza che era stata abolita dalla giunta Formigoni nel 2011 (i tecnici per effettuare un sequestro dovevano rivolgersi alle forze dell’ordine).
I numeri sono stati forniti ieri dal nuovo direttore del dipartimento di Brescia, Giampietro Cannerozzi, trasferitosi da Milano il 5 marzo (era responsabile dell’unità organizzativa Sistemi di gestione ed emergenze) prendendo il posto di Maria Luisa Pastore. Ingegnere elettronico, foggiano d’origine, 52 anni, Cannerozzi è conscio della densità di problematiche del Bresciano, che intende affrontare facendo squadra e valorizzando i dirigenti del dipartimento. Certo resta il problema dell’endemica carenza di personale: solo 56 su un totale di 959 i dipendenti Arpa in forza al dipartimento di Brescia, provincia che però ha quasi il 20 per cento delle criticità ambientali della regione. «Ora che si è sbloccato il turn over ho chiesto altre 12 assunzioni» assicura il direttore. La carenza di personale si riverbera anche sui controlli alle aziende più impattanti, quelle soggette ad autorizzazione integrata ambientale (Aia). In provincia di Brescia si trova il 18% delle attività industriali in Aia d’Italia (ovvero 218) e il 24% delle aziende agricole in Aia (224, esclusi gli allevamenti bovini). Attività che devono essere controllate almeno una volta ogni tre anni: «Fino allo scorso anno abbiamo smaltito l’arretrato con controlli straordinari — spiega Alessandra Ferrari, dirigente dell’unità organizzativa Unità Produttive e Controlli — e quest’anno siamo tornati alla normalità anche se rimane qualche ritardo». Altri controlli Aia sono in capo alla Provincia, che in quanto ad organico è messa ancora peggio di Arpa. Ma nel frattempo, soprattutto per quanto riguarda le aziende agricole, «si stanno affinando sinergie con altri organismi di controllo — spiega il direttore — per ottimizzare il lavoro ed evitare che vadano nella stessa azienda dieci enti diversi».
Se nel 2018 saranno meno i controlli Aia aumenteranno invece i sopralluoghi ai depuratori (passeranno da 127 a 163) visto che in un terzo del territorio la depurazione dei reflui civili è inesistente o insufficiente. Altra importante novità: Arpa Brescia nel 2014 aveva monitorato le emissioni inquinanti di 11 acciaierie bresciane, affinando con Ramet un protocollo per abbattere fino all’ 80% le emissioni di Pcb (stimata l’uscita dai camini di 17 chili l’anno complessivamente), diossine e polveri; ora ha studiato anche la situazione delle fonderie di ottone, ghisa, alluminio. I risultati saranno disponibili a breve. Altri approfondimenti puntuali arriveranno sulle cartiere.
Se normative più stringenti e nuove tecnologie stanno riducendo parecchio le emissioni nocive nell’ambiente, restano però le ferite del passato: 902 i siti potenzialmente inquinati (di cui 119 contaminati e 146 potenzialmente contaminati) per un totale di 5mila ettari. Massimo Confalonieri, responsabile dell’unità organizzativa Bonifiche e attività estrattive, ricorda le principali criticità della provincia (l’ex Selca di Berzo De-
mo, Stefana di Montirone) e il problema dei problemi, il sito Caffaro. Sul quale però sono stati fatti importanti passi avanti: «Abbiamo completato il modello idrogeologico dell’evoluzione della falda, che verrà utilizzato per l’imminente bonifica del sito». Riconosce «il grande lavoro fatto dal Comune di Brescia sui giardini contaminati delle scuole e sui parchi» e parla di «risultati molto buoni» anche per la bonifica dei siti cittadini inquinati da cromo esavalente, come Baratti ed ex Forzanini.
Nel corso di quest’anno verranno poi potenziate attività di monitoraggio dell’aria, del suolo e dell’acqua, assicura Silvia Bellinzona, responsabile del settore Monitoraggi ambientali: «Abbiamo installato due nuove centraline per la rilevazione del PM10 al Tartaglia e a San Polo (qui era chiesta da tempo dai comitati ambientalisti, ndr)». Analisi mirate anche sui corsi d’acqua (in 6 punti di prelievo) e falde sotterranee (altri 15 punti) alla ricerca di Pfas ,le sostanze perfluoroalchiliche responsabili di un disastro ambientale in Veneto: «Vogliamo controllare se eventuali rifiuti provenienti dal Veneto e finiti nelle discariche bresciane possano aver inquinato la falda tramite il percolato. I primi risultati sono rassicuranti».
Oltre ai controlli di routine ci sono gli interventi d’emergenza — 113 nel 2017, un record lombardo — che vengono effettuati su segnalazione (c’è il numero verde 800061160). E per capire quanto sia cresciuta la sensibilità ambientale tra i cittadini, il direttore Cannerozzi ricorda che ben il 40% di queste segnalazioni arrivano proprio dai residenti: «Sono loro le prime sentinelle dell’ambiente».
Bellizona
Abbiamo installato due nuove centraline per la rilevazione del PM10 al Tartaglia e a San Polo. Avviati anche controlli sulle acque superficiali e di falda alla ricerca di Pfas: al momento non sono rilevate criticità