Crollati gli arrivi dei migranti Ma due su tre restano a Milano
Bilancio a un anno dal protocollo: profughi ospitati in 50 degli 80 comuni aderenti
A maggio del 2017 in corso Monforte 76 sindaci dell’area metropolitana, sotto la regia del prefetto Luciana Lamorgese e alla presenza dell’allora ministro dell’Interno Minniti, firmano il protocollo per l’accoglienza diffusa dei richiedenti asilo. Un anno dopo cos’è cambiato? Tutto, o quasi: al posto di un governo pd c’è un nuovo esecutivo giallo-verde, al Viminale s’è da poco insediato Matteo Salvini, e sulla mappa dell’hinterland il colore delle amministrazioni è virato dal rosso del centrosinistra al blu di un rinato centrodestra a trazione leghista. Ma al di là della politica, che ha scelto spesso l’immigrazione come campo di battaglia, le novità sull’ospitalità ai profughi sono invece poche. Se le presenze sul territorio sono diminuite per il crollo degli arrivi, Milano deve comunque farsi sempre carico di due richiedenti asilo su tre ospitati in tutta la provincia, perché i Comuni che hanno aperto le porte rimangono una minoranza di «volenterosi».
Il protocollo
Dopo un lungo lavoro di gestazione, il patto nasce ufficialmente il 18 maggio di un anno fa. In una fase di emergenza, soprattutto a Milano. In quei giorni in città le presenze sono tante. E gli arrivi continui. Le strutture sono stracolme. La giunta di Beppe Sala è sotto pressione. L’opposizione è costantemente all’attacco. Sono le settimane dei picchi di presenze all’hub di via Sammartini, della caserma Montello trasformata in centro d’accoglienza, della prima maxi retata in stazione Centrale, degli allarmi su possibili terroristi dell’Isis infiltrati sui barconi. La risposta è doppia: simbolica, da una parte, con la marcia antirazzista che seguirà qualche giorno dopo, e pratica, dall’altra, con il tentativo appunto di coinvolgere la provincia in una redistribuzione per alleggerire il carico che pesa sul capoluogo. Come certificano i numeri di quel maggio del 2017. Nel Milanese erano registrati 6.114 richiedenti asilo. I due terzi a Milano città. Dove nei centri erano stipate 3.701 persone, a cui ne vanno aggiunte altre 438 ospitate nelle strutture di seconda accoglienza Sprar. Quasi 1.500 migranti in più di quanto previsto. Il supporto dell’hinterland si fermava al contributo di altri 42 Comuni (su 134 totali), che davano un letto agli altri 1.975. Solo dieci rispettavano (o superavano) la quota stabilita d’intesa con il Viminale. Da Bresso (639 profughi), a San Zenone al Lambro (167), a Magenta (137), a San Colombano al Lambro (98).
Il quadro oggi
Il protocollo — accolto dalle proteste del centrodestra e dalla «ribellione» dei sindaci del Carroccio — puntava ad allargare il fronte per l’accoglienza. Il 18 maggio 2017 sono 76 sindaci, che diventeranno oltre 80. Firmano l’impegno a partecipare alla sfida, a dare respiro al capoluogo. Un anno dopo, però, la nuova fotografia racconta di pochi progressi. Gli ultimi dati sono del 31 aprile 2018 e sono contenuti nel report periodico di Éupolis Lombardia, l’istituto di statistica della Regione, che li raccoglie dalle Ats (le ex Asl) che a loro volta li ricevono dalle prefetture. A dodici mesi dall’esordio del patto, il ventaglio di città disponibili a fare la propria parte s’è ampliata di neanche una decina di nomi: da Rescaldina, a Cerro Maggiore, ad Abbiategrasso, Busto Garolfo, Cusano Milanino, fino a Bollate. Alcuni sono guidati anche dal centrodestra, che nel frattempo ha conquistato diversi Comuni. Nel complesso sono 49, un numero comunque lontano dal totale dei firmatari. Tanto che un paio di mesi fa il prefetto aveva strigliato i sindaci: serve un’accelerata sulla redistribuzione, il succo del messaggio. Spetta infatti ancora a Milano ospitare i due terzi dei migranti presenti in provincia, continuando ad accogliere più di quanto dovrebbe. In numeri vuol dire 3.128 (oltre 400 in più della sua quota) sui 4.759 dell’area metropolitana.
De Corato: un prezzo troppo alto. Bussolati: pressione calata, la strategia funziona
I dati Dallo scorso luglio gli arrivi sono diminuiti costantemente con punte dell’80 per cento
Lo stop ai flussi
Va detto che la situazione generale è migliorata. Le fasi più critiche sono lontane. Gli arri-
vi da tempo sono crollati. A dare davvero una mano ai Comuni è stato infatti il blocco dei flussi iniziato lo scorso luglio. Da allora la curva ha cambiato verso. Un netto calo che è rimasto più o meno costante mese dopo mese, con punte anche dell’80 per cento in meno tra un anno e l’altro.
Per Riccardo De Corato il problema rimane. «La Lombardia sta pagando un prezzo altissimo sul fronte immigrazione, con piccolissimi Comuni che si ritrovano la vita sconvolta da decine di migranti», spiega l’assessore regionale alla Sicurezza che rimarca i 20.695 profughi presenti in Lombardia. «È una situazione che crea problemi a tutti, motivo per cui molti sindaci del Milanese che hanno firmato il patto non hanno poi accolto. Credo sia una sorta di protesta silenziosa, anche verso la Milano che organizza marce e pranzi in favore dell’accoglienza». È di diverso avviso Pietro Bussolati: «È cambiato lo scenario — spiega il segretario milanese pd — : grazie al lavoro di Minniti e del governo Gentiloni s’è interrotta l’emergenza e quindi non è stato più necessario individuare nuovi spazi per l’accoglienza nei Comuni».