Corriere della Sera (Brescia)

«Il rap? È troppo di moda»

Fabri Fibra, antesignan­o del genere, apre il suo tour sul palco del Rugby Sound

- Paolo Carnevale

Voce fuori dal coro che urla il malessere delle nuove generazion­i con rime al vetriolo, Fabri Fibra parte con il suo «Le Vacanze Tour» dall’Isola del Castello di Legnano (via Castello 1, ore 21, ing. 23 euro). Uno show, inserito nel festival Rugby Sound, in cui il 41enne artista marchigian­o racconta l’Italia al tempo dei social e tocca con durezza temi personali.

Che cosa è cambiato dal primo disco «Turbe giovanili» a «Fenomeno»?

«È cambiato tutto, soprattutt­o nel rap: è passato dall’essere un genere di nicchia al mainstream. È cambiata la discografi­a e pure il mercato, la distribuzi­one, l’esposizion­e. Di sicuro è cambiato il mio approccio, ma penso che la radice sia sempre la stessa».

È più facile rappare versi d’amore o versi di odio?

«Il rap è un genere competitiv­o e aggressivo, di base. Ma è anche molto duttile e se sai scrivere, le rime si possono piegare ad ogni necessità. A volte anche nell’odio ci può essere amore. E viceversa. Il rap si presta molto a seconde e terze letture, bisogna ascoltarlo con attenzione per capire il senso dei testi».

Molti vi indicano come i nuovi cantautori. Pensate di aver anche voi un ruolo sociale e politico?

«Senza dubbio. Forse più sociale che politico perché questo aggettivo oggi è svuotato del suo valore. Alcuni rapper hanno messo talmente tanta realtà nei loro pezzi che la loro musica non può che creare consapevol­ezza sociale. Nei miei brani, come “Vip in trip” o “In Italia”, la presenza di questa realtà italiana non è mai secondaria».

Con Saviano c’è stima reciproca. In «Consideraz­ioni» avete fatto un inno alla legalizzaz­ione della cannabis. Cosa pensa della polemica sugli immigrati tra lui e Salvini?

«Roberto è un giornalist­a, uno scrittore di successo, tutte le sue notizie sono argomentat­e, supportate da fatti, numeri e ricerche. La gente invece non ha modo né tempo di informarsi veramente e allora prevale spesso un urlo da curva dello stadio, alimentato molto dai social».

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