Howard, genio e sregolatezza al Vittoriale
Il cantautore e musicista britannico, tra i più dotati e imprevedibili della sua generazione, al Vittoriale per Tener-a-mente
Frammenti di un discorso interrotto. Il tocco nitido del pianoforte, i riverberi caldi della chitarra acustica, i colpi dei talloni sul pavimento e lui, ritroso e laconico, che si contorce sul palco, senza guardare il pubblico.Cupo, anarchico e imprevedibile, per il suo ultimo album (dopo un’astinenza di quattro anni dalla sala d’incisione), quello strano animale di Ben Howard si è isolato nel Sud della Francia e in Cornovaglia, tra mormorii confusi e canzoni fragili e irruente: Noonday Dream è completamente immerso (e perso) nella musica.
Il cantautore britannico e il suo muro di chitarre distorte domani sera ipnotizzeranno il Vittoriale per l’unica data italiana del tour (alle 21.15; biglietti da 26 a 37 euro): sarà un viaggio all’origine del suono. Trent’anni, una voce affannosa e un’ossessione per i dischi di Joni Mitchell che gli faceva ascoltare sua madre, Howard è uno dei cantautori più eccentrici, precoci e ispirati d’Albione. Every Kingdom — disco di platino, doppio Brit Award e nominato al Mercury Prize — è il suo album debutto, nel 2011: da quel momento, il surfista che scriveva versi sul letto sfatto di camera sua inizia a provocare isterie in platea e collezionare premi. I Forget where we were, pubblicato tre anni dopo, è un flusso ininterrotto scuro e introspettivo, tessuto di chitarre elettriche ubriache, echo e riverberi.
A boat to an island on the wall, invece, è il singolo che ha fatto da preludio all’ultimo capolavoro, tutto intriso degli umori della natura e di quelli dell’artista: le parole, sussurrate, quasi si dissolvono e sembrano un mormorio confuso. In Noonday Dream affiorano le atmosfere del disco precedente ma esasperate e trascinate altrove. I brani emanano fascino e, insieme, infondono un senso di frustrazione: a volte, è quasi impossibile penetrare sotto gli strati di ronzio e strumentazione prolissa. Ma questo è esattamente Howard in perfetta forma: allergico alle melodie orecchiabili e in perenne evoluzione. Tra squarci di luce, ombre che vagano sullo sfondo e una tensione elettrica, la scenografia del suo ultimo tour è forse la meno introspettiva di sempre, ma non aspettatevi di vederlo flirtare con la platea: con la sua chitarra ha un rapporto fisico, è altamente probabile che ci resterà aggrappato fino all’ultimo brano.
Ossessioni Howard ha iniziato a suonare a 11 anni alternando la musica al surf, altra passione
Introspettivo «Noonday Dream» è l’ultimo album fatto di mormorii e suoni ricercati