Corriere della Sera (Brescia)

Ecco Suazo: «Il mio Brescia all’attacco»

L’allenatore si presenta alla città: «Devo tutto a Cellino, ma sono qui per costruire»

- Lu.Ber.

A 26 giorni dall’annuncio ufficiale, il nuovo allenatore del Brescia ha detto le sue prime parole da tecnico delle Rondinelle: «Non ho potuto dire di no alla chiamata di Cellino, questa è una sfida che mi rende orgoglioso. Era tempo di misurarmi con il calcio dei grandi, dovevo lasciare il settore giovanile e questo è il posto giusto dove iniziare. Al presidente devo tutto». Usa l’estintore sulla Serie A: «È il sogno di tutti, ma sono qui per costruire. È un anno zero per tutti».

Un po’ stopper, perché al tavolo della sala stampa del Rigamonti si siede per proteggere il «suo» David Suazo nel primo giorno di scuola. Un po’ ala destra guizzante, alla Bruno Conti (o alla Spalek, il suo pupillo), per dribblare le domande su Andrea Caracciolo, l’uomo che si candida nella nuova stagione a rendere attuali le parole di Fernando Pessoa: «Anche la tua assenza è una cosa che sta con me». L’Airone non c’è, ma è sulla bocca di tutti. David Suazo ne parla con grande stile, da centravant­i a centravant­i: «L’ho conosciuto in sede, allenarlo sarebbe un onore. Ma questa è una vicenda che dipende dalla società». Appunto. Massimo Cellino prende la parola per 4 minuti esatti. Incisivo come sempre, onesto quando deve prendersi le proprie responsabi­lità: «Sì, è l’anno zero. L’anno scorso ho subìto la squadra e ho dovuto ripararla a stagione in corso. Stavolta la faccio io: sto costruendo le fondamenta, stiamo rifacendo anche lo stadio perché stava cadendo a pezzi. Ma, se le cose non andranno bene, stavolta sarà solo colpa mia». Affettuoso verso Re David, «una persona con pochi difetti: leale, serio e responsabi­le. Ha tutte le caratteris­tiche per poter fare bene da allenatore», elusivo — ma non catenaccia­ro — quando viene aperta la questione Caracciolo. «Siamo qui per presentare Suazo», dice subito. Altra domanda: «Ma Caracciolo è un simbolo del passato di questa società?». La risposta lascia poco spazio alle interpreta­zioni: «I simboli di una società non sono i calciatori. Conta la squadra. Se devo parlare di simboli del passato, allora citiamo Gino Corioni o Piercarlo Beretta, due presidenti». Pausa scenica. «Adesso, ragazzi, vado a fumare una sigaretta. Ci vediamo dopo...». Al termine della conferenza, Cellino è già andato via. E il caso Caracciolo (che nel frattempo non ha ancora da vagliare un’offerta concreta di un’altra squadra, scritta a penna e non solo ipotizzata a voce) continua.

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Honduregno «Re David», 38 anni
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Presidente L’imprendito­re sardo guida il club da 11 mesi

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