Croce di Cevo, le perplessità di Job e quelle riunioni calde sulla staticità
Chiusa l’istruttoria. In aula gli imputati, il direttore dei lavori: «Pareva tutto ok»
L’istruttoria è chiusa. Ma la competenza della manutenzione resta il nodo principale nella ricerca delle responsabilità del crollo della croce col Cristo di Cevo che nel 2014, durante una gita sul Dosso dell’Androla, costò la vita a Marco Gusmini, 21enne di Lovere, schiacciato dal pesante manufatto.
Ieri davanti al giudice Riccardo Moreschi hanno deposto i testimoni e uno degli imputati, il direttore dei lavori, Renato Zanoni (a giudizio con Marco Maffessoli, presidente dell’Associazione Amici della Croce del Papa, e i componenti della stessa associazione don Filippo Stefani, parroco di Cevo, Elsa Belotti e Bartolino Balotti). In aula si è ricostruita la cronologia degli interventi sulla croce, progettata da Enrico Job per la visita di papa Giovanni Paolo II a Brescia nel 1998 e poi realizzata dalla Moretti Interholz, installata (il giorno della visita pontificia) allo stadio Rigamonti e nel 2005 trasferita a Cevo.
Per la collocazione sul Dosso dell’Androla furono eseguiti i primi lavori nel 2005 (privi della certificazione di idoneità statica per il fallimento dell’azienda esecutrice), con la realizzazione di un locale interrato in cui impiantare la croce e due basamenti a cui affrancare il monumento di legno. «Nel 2013 mi sono stati affidati i lavori per la realizzazione delle opere complementari (un tunnel di collegamento dall’esterno con il locale interrato e servizi igienici per i visitatori) – spiega