Pozzi e il mito oltre i generi di Cassandra
La Cassandra di Conti nell’arena di via Nullo per la rassegna del Ctb «Il personaggio più archetipo tra tutti»
Apollo, che era attratto dalla sua bellezza verginale e ne fu respinto, le elargì il dono della preveggenza e nel contempo la punì con una maledizione: i suoi oracoli sarebbero stati inascoltati. È una storia illuminante e tragica quella di Cassandra, innanzitutto per l’impotenza, per la forzata solitudine del suo non poter condividere il peso della conoscenza, ma anche per la strabiliante modernità della metafora. Cassandra o del tempo divorato è il quinto appuntamento del Festival estivo del Ctb «Un salto nel nullo!». Uno spettacolo di e con Elisabetta Pozzi, una delle regine del palcoscenico italiano, che ha curato anche la drammaturgia e la regia, e che costituisce uno dei suoi cavalli di battaglia: due anni fa circa lei stessa ne propose un abstract in una memorabile serata che fu la messa da requiem dell’associazione amicicompliciamanti (non finiremo mai di rimpiangerla!)
Per stortura scolastica si continua a pensare a Cassandra come a una menagramo, a una iettatrice. In realtà la profetessa troiana incarna il pessimismo della ragione di fronte alla stoltezza degli uomini. E questo fa una bella differenza.
«Sui banchi di scuola si semplifica, si mette a volte l’etichetta. La mia Cassandra continua a vedere quello che sta accadendo, non tanto per un dono come accade nel mito, ma perché conosce le condizioni del proprio presente e sa quale passato l’ha portata a esso. Lei vola molto in alto e continua a soffrire perché non le danno ascolto, ma in fondo tutti potrebbero vedere quello che vede lei, ma si rifiutano di farlo. Tra tutti i personaggi dell’antichità, è quello meno mitologico e più archetipo, più figura forte».
Il suo monologo riunisce e cita molti autori: Christa Wolf, Wislawa Szymborska, Ghiannis Ritsos, Omero, Seneca, Euripide, senza dimenticare il contributo di Massimo Fini, giornalista di razza e anche lui profeta inascoltato e lucidissimo. Sappiamo che è anche un testo in divenire: quali le novità?
«C’è un brano dai Persiani di Eschilo in cui l’ombra di Dario dà una spiegazione etica alla disfatta militare, giudicandola la giusta punizione per la hýbris (tracotanza) di cui si è macchiato il regnate Serse. In certe serate infilo una citazione di Karl di Kraus, quella in cui dice che il progresso tecnico metterà nudo ancor di più la fragilità umana. E c’è anche una mia riflessione sull’indifferenza cui ci hanno abituato i nuovi media di fronte alle notizie dell’orrore contemporaneo. Una frenesia di informazioni che quasi non ci dà il tempo di capire: vedi l’ecatombe dei corpi restituiti dal mare».
È solo un caso o non lo è che i personaggi più forti nel mito e nella tragedia greca siano donne (Cassandra, Antigone, Medea…)?
«La grande modernità dei classici sta nel fatto che creano personaggi femminili che non sono stereotipi, che sono figure complesse e come tali rappresentano tutte le sfaccettature dell’umano, in barba alle differenze di genere».
Lo spettacolo inizia alle 21.30 nell’arena di via Nullo. Movimenti di Alessio Maria Romano, scene e costumi di Guido Buganza, musiche di Daniele D’Angelo, luci di Luca Bronzo per una produzione firmata Teatro Due di Parma. Requiem
Parole vane La mia Cassandra soffre perché non le danno ascolto, ma in fondo tutti potrebbero vedere quello che vede lei, ma si rifiutano di farlo
Eroine oltre i generi
I classici creano personaggi femminili che non sono stereotipi, ma figure complesse che rivelano le sfaccettature dell’umano