L’ELOGIO DEGLI ORATORI
Sono iniziati, in tantissime parrocchie, i Grest o campi estivi. Luoghi dove per settimane, ragazzi di età scolare giocano, organizzano corsi, gite, guidati da ragazzi più adulti, venuti dalla stessa esperienza, sotto la supervisione di sacerdoti, educatori professionali o laici volontari. Ragazzi di classi sociali diverse, varie etnie e anche differenti confessioni o religioni. Quasi che gli oratori — con un trend che dura da anni — si fossero trasformati in un laboratorio della integrazione multietnica e mutireligiosa in una provincia ad alta intensità di immigrazione. Un laboratorio che d’estate — ma di fatto tutto l’anno — prosegue il lavoro quotidiano che avviene nelle scuole. Un microcosmo di quella che è e può essere la convivenza civile. Dove gli altri più che un problema sono occasione, talvolta faticosa, di accrescimento. Conoscere gli altri è innanzitutto un esercizio di empatia e pazienza reciproca. Un laboratorio reso possibile da quello straordinario capitale sociale che è il volontariato di ispirazione religiosa. Volontariato come azione fatta di finalità non strumentali, senza alcun rendiconto immediato. L’esatto opposto della razionalità dominante. Ed anche esemplificazione della presenza della Chiesa cattolica oggi. Insieme, una prassi di tolleranza e di disciplinamento. Tolleranza perché, in tempi dove la politica populista vuole chiudere i porti, di fatto gli oratori sono porti aperti in ogni quartiere. Disciplinamento perché il lavoro educativo in atto negli oratori non è fatto da un punto di vista sincretistico, ma valorizzando i momenti di universalità propri della tradizione cristiana. Un disciplinamento che è rispetto delle regole della reciprocità e scoperta degli usi e costumi delle terre di provenienza. Non senza dimenticare l’educazione alla preghiera, che è, come ammoniva Simone Weil, educazione all’attenzione. E, per finire, dove le tecnologie informatiche riescono talvolta, grazie a una riflessione avveduta, a creare comunità. Oratori che sono di fatto l’avamposto di quel che papa Francesco intende per primato dell’ortoprassi; agire con giudizio e senso di carità per far fronte a vite spesso lambite dal baratro del dolore più sordo, quello delle solitudini involontarie. Quel che accade negli oratori dimostra che non sempre le chiacchiere dominanti sono anche le parole di chi tra qualche anno avrà la maggiore età.