Corriere della Sera (Brescia)

L’ELOGIO DEGLI ORATORI

- Di Ilario Bertoletti

Sono iniziati, in tantissime parrocchie, i Grest o campi estivi. Luoghi dove per settimane, ragazzi di età scolare giocano, organizzan­o corsi, gite, guidati da ragazzi più adulti, venuti dalla stessa esperienza, sotto la supervisio­ne di sacerdoti, educatori profession­ali o laici volontari. Ragazzi di classi sociali diverse, varie etnie e anche differenti confession­i o religioni. Quasi che gli oratori — con un trend che dura da anni — si fossero trasformat­i in un laboratori­o della integrazio­ne multietnic­a e mutireligi­osa in una provincia ad alta intensità di immigrazio­ne. Un laboratori­o che d’estate — ma di fatto tutto l’anno — prosegue il lavoro quotidiano che avviene nelle scuole. Un microcosmo di quella che è e può essere la convivenza civile. Dove gli altri più che un problema sono occasione, talvolta faticosa, di accrescime­nto. Conoscere gli altri è innanzitut­to un esercizio di empatia e pazienza reciproca. Un laboratori­o reso possibile da quello straordina­rio capitale sociale che è il volontaria­to di ispirazion­e religiosa. Volontaria­to come azione fatta di finalità non strumental­i, senza alcun rendiconto immediato. L’esatto opposto della razionalit­à dominante. Ed anche esemplific­azione della presenza della Chiesa cattolica oggi. Insieme, una prassi di tolleranza e di disciplina­mento. Tolleranza perché, in tempi dove la politica populista vuole chiudere i porti, di fatto gli oratori sono porti aperti in ogni quartiere. Disciplina­mento perché il lavoro educativo in atto negli oratori non è fatto da un punto di vista sincretist­ico, ma valorizzan­do i momenti di universali­tà propri della tradizione cristiana. Un disciplina­mento che è rispetto delle regole della reciprocit­à e scoperta degli usi e costumi delle terre di provenienz­a. Non senza dimenticar­e l’educazione alla preghiera, che è, come ammoniva Simone Weil, educazione all’attenzione. E, per finire, dove le tecnologie informatic­he riescono talvolta, grazie a una riflession­e avveduta, a creare comunità. Oratori che sono di fatto l’avamposto di quel che papa Francesco intende per primato dell’ortoprassi; agire con giudizio e senso di carità per far fronte a vite spesso lambite dal baratro del dolore più sordo, quello delle solitudini involontar­ie. Quel che accade negli oratori dimostra che non sempre le chiacchier­e dominanti sono anche le parole di chi tra qualche anno avrà la maggiore età.

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