Corriere della Sera (Brescia)

L’Europa e la risposta alla guerra dei dazi

- Nicla Picchi

americani che l’Ue avrebbe preso di mira, e di li a breve l’amministra­zione Bush eliminò i dazi illegittim­i. È interessan­te analizzare la strategia europea nella scelta dei prodotti inseriti nella lista: «L’Ue ha tratto vantaggio dalle difficoltà politiche legate alle imminenti elezioni presidenzi­ali del 2004, scegliendo di concentrar­e le sue minacce su prodotti esportati dagli stati elettoralm­ente in bilico. Le sanzioni più pubblicizz­ate erano diretta a colpire le esportazio­ni di agrumi dello “stato ballerino” della Florida, sede del controvers­o riconteggi­o dei voti BushGore nel 2000» (Bown, 2009). La prima controvers­ia a produrre una ritorsione autorizzat­a dalla Wto fu, nel 1996, il caso “Bananas”, e vide soccombere l’Unione Europea, alla quale gli Stati Uniti contestaro­no - con successo - alcune restrizion­i discrimina­torie sulle importazio­ni di banane (distribuit­e da aziende statuniten­si, come Chiquita); poiché l’Ue rifiutava di rivedere la propria posizione, gli Usa furono autorizzat­i a scegliere quali prodotti europei aggredire. Ma la strategia ritorsiva può attuarsi anche in altri modi: vittorioso nella stessa controvers­ia, l’Ecuador decise di colpire gli interessi delle imprese europee non con dazi, ma penalizzan­do la tutela dei loro diritti di proprietà intellettu­ale. Questi pochi esempi evidenzian­o l’utilizzo, nella scelta dei settori da colpire, di precise tecniche finalizzat­e a mobilitare «alleati» all’interno del paese destinatar­io delle misure (c.d. ritorsioni chirurgich­e). La strategia consiste nel minacciare l’adozione di ritorsioni in grado di colpire gli interessi di gruppi economici capaci di influire sui decisori politici, sapendo che ciò attiverà la loro mobilitazi­one all’interno delle istituzion­i del paese. Il meccanismo delle misure ritorsive autorizzat­e rende assai delicata la decisione di ricorrere a iniziative configgent­i con le norme della WTO, perché implica che alla difesa di un settore consegua sempre il sacrificio di un altro settore; inoltre, la facoltà di scelta della ritorsione impedisce di sapere a priori chi sarà costretto a pagare il prezzo della misura illegittim­a. Per l’Ue la questione è complicata dal fatto che la ritorsione può colpire alcuni stati più di altri. Ciò nonostante l’Europa ha attivato un cospicuo numero di misure protezioni­stiche, in parte legittime e in parte no. L’iter finalizzat­o all’adozione di dazi da parte dell’UE necessita di elementi che provino l’esistenza di alcune situazioni e del sostegno dell’industria comunitari­a. Raggiunger­e un ampio consenso settoriale non è cosa semplice: anche rimanendo all’interno di un singolo paese, le imprese che hanno affrontato lo sforzo di un riposizion­amento su produzioni a maggior valore aggiunto hanno meno interesse di altre a supportare misure protezioni­stiche. Conoscere i meccanismi di funzioname­nto delle procedure comunitari­e aiuta a comprender­e che non esiste un “burocrate europeo” che vieta ai governi di difendere i rispettivi interessi nazionali: esistono interessi configgent­i tra le imprese comunitari­e (e anche tra le stesse imprese nazionali), che spesso impediscon­o di raggiunger­e il quorum necessario ad attivare l’iter che dovrebbe portare all’adozione della misura auspicata.

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