L’Europa e la risposta alla guerra dei dazi
americani che l’Ue avrebbe preso di mira, e di li a breve l’amministrazione Bush eliminò i dazi illegittimi. È interessante analizzare la strategia europea nella scelta dei prodotti inseriti nella lista: «L’Ue ha tratto vantaggio dalle difficoltà politiche legate alle imminenti elezioni presidenziali del 2004, scegliendo di concentrare le sue minacce su prodotti esportati dagli stati elettoralmente in bilico. Le sanzioni più pubblicizzate erano diretta a colpire le esportazioni di agrumi dello “stato ballerino” della Florida, sede del controverso riconteggio dei voti BushGore nel 2000» (Bown, 2009). La prima controversia a produrre una ritorsione autorizzata dalla Wto fu, nel 1996, il caso “Bananas”, e vide soccombere l’Unione Europea, alla quale gli Stati Uniti contestarono - con successo - alcune restrizioni discriminatorie sulle importazioni di banane (distribuite da aziende statunitensi, come Chiquita); poiché l’Ue rifiutava di rivedere la propria posizione, gli Usa furono autorizzati a scegliere quali prodotti europei aggredire. Ma la strategia ritorsiva può attuarsi anche in altri modi: vittorioso nella stessa controversia, l’Ecuador decise di colpire gli interessi delle imprese europee non con dazi, ma penalizzando la tutela dei loro diritti di proprietà intellettuale. Questi pochi esempi evidenziano l’utilizzo, nella scelta dei settori da colpire, di precise tecniche finalizzate a mobilitare «alleati» all’interno del paese destinatario delle misure (c.d. ritorsioni chirurgiche). La strategia consiste nel minacciare l’adozione di ritorsioni in grado di colpire gli interessi di gruppi economici capaci di influire sui decisori politici, sapendo che ciò attiverà la loro mobilitazione all’interno delle istituzioni del paese. Il meccanismo delle misure ritorsive autorizzate rende assai delicata la decisione di ricorrere a iniziative configgenti con le norme della WTO, perché implica che alla difesa di un settore consegua sempre il sacrificio di un altro settore; inoltre, la facoltà di scelta della ritorsione impedisce di sapere a priori chi sarà costretto a pagare il prezzo della misura illegittima. Per l’Ue la questione è complicata dal fatto che la ritorsione può colpire alcuni stati più di altri. Ciò nonostante l’Europa ha attivato un cospicuo numero di misure protezionistiche, in parte legittime e in parte no. L’iter finalizzato all’adozione di dazi da parte dell’UE necessita di elementi che provino l’esistenza di alcune situazioni e del sostegno dell’industria comunitaria. Raggiungere un ampio consenso settoriale non è cosa semplice: anche rimanendo all’interno di un singolo paese, le imprese che hanno affrontato lo sforzo di un riposizionamento su produzioni a maggior valore aggiunto hanno meno interesse di altre a supportare misure protezionistiche. Conoscere i meccanismi di funzionamento delle procedure comunitarie aiuta a comprendere che non esiste un “burocrate europeo” che vieta ai governi di difendere i rispettivi interessi nazionali: esistono interessi configgenti tra le imprese comunitarie (e anche tra le stesse imprese nazionali), che spesso impediscono di raggiungere il quorum necessario ad attivare l’iter che dovrebbe portare all’adozione della misura auspicata.