SANTA GIULIA E I SUOI VENT’ANNI
Siamo stati per dieci anni senza la Pinacoteca. Adesso dobbiamo stare diciotto mesi senza la Vittoria Alata, quel bronzo misterioso che dà forza e identità alla storia alla città. Ho visto emanare il suo fascino un pomeriggio di tanti anni fa, davanti agli occhi, increduli, della regina Margareth di Inghilterra, la secondogenita di Re Giorgio, sorella di Elisabeth. Aveva voluto il viaggio a Brescia esclusivamente per incontrare la «Vittoria». Vi stette in contemplazione per oltre quaranta minuti. Una analisi minuziosa, un colloquio segreto, a lungo, mi disse il suo accompagnatore, coltivato e preparato sui libri d’arte. Adesso il bronzo alato parte per un necessario restauro. Se ne va nei giorni in cui Santa Giulia, il museo della città, compie vent’anni. Nelle lunghe complesse cronache di quel recupero è scritto il canovaccio della politica, della cultura, degli umori civili dell’intero dopoguerra bresciano, la sua diatriba politica e culturale, le passioni degli intellettuali, le ambizioni della ricerca e le neghittosità dell’indifferenza. E poi le litigiosità fra studiosi, le contrapposizioni sul modello di restauro e le infinite polemiche sull’allestimento. La scelta dello stucco bianco sulla lunga parete di via Musei occupò lettere infuocate, accuse di incompetenza, rottura di amicizie e cambio di appalti. E poi la lunga fatica di un lavoro ininterrotto per decenni, il ritrovamento di mecenati che parevano inesistenti, la tenuta in continuità di tante amministrazioni e di tanti sindaci. Il complesso museale di Santa Giulia è oggi una delle grandi ricchezze della città. Ne fornisce una forte identità, è l’ immagine di uno straordinario patrimonio e di una dimensione culturale di cui siamo obiettivamente indegni eredi e spesso apatici fruitori. Anche perché, guardando le stratigrafie storiche che emergono da Santa Giulia capita di avvertire quanto noi si sia diventati un poco gretti sul piano delle innovazioni culturali e un poco conservatori e timidi. In questo occorre riconoscere che, provocatoria e da qualche parte contestata, la scelta di Massimo Minimi a presidente della Fondazione (che gestisce Santa Giulia ed i musei bresciani) è stata un’operazione innovativa e da apripista. Adesso che lascia occorre rendergli atto di un contributo esemplare. Quello di aver tolto ragnatele, aver spiazzato il buon senso, aver gridato controcorrente, aver fatto della cultura e dell’arte, come deve essere, un luogo della fantasia, uno stimolo, una ambizione anche incompresa, una contestazione di sé e della propria città, un invito a non cedere, a osare,per guadagnare un futuro.