I caduti di Solferino ritrovano un nome dopo 160 anni
Dare un nome alle vittime innominate della storia. Restituire loro un’identità, un’ombra di profilo personale, una consistenza individuale. È una delle opere più dense di pietas che uno studioso possa compiere.
A Yad Vashem, il memoriale della Shoah a Gerusalemme, l’installazione più toccante è l’antro semibuio in cui un sistema di specchi moltiplica all’infinito pochi lumi accesi e una voce monotona ripete i nomi degli esseri umani inghiottiti dalla grande catastrofe: le fiammelle moltiplicate e i nomi ripetuti come in un appello scolastico senza fine strappano quelle esistenze dall’anonimato della statistica e restituiscono loro un fremito di vita.
Lo stesso effetto fa The Wall, il memoriale di Washington che reca i nomi di tutti i soldati americani caduti nella guerra perduta in Vietnam.
La stessa emozione la suscita ora l’elenco dei caduti della battaglia di Solferino e San Martino che si combattè sulle colline del Basso Garda il 24 giugno 1859 e rappresentò il punto di svolta della II Guerra d’Indipendenza. Da pochi giorni i nomi dei caduti vengono ricordati con una scritta luminosa scorrevole che viene proiettata all’interno della torre-sacrario di Solferino. Un contributo speciale e prezioso alla riscoperta dei nomi dei caduti, in particolare dei francesi che finirono seppelliti nei cimiteri bresciani, l’ha dato Gianluigi Valotti, storico indipendente che dedica tempo ed energie proprio a questa ricerca e ne ha riassunto i primi risultati nel volume «Brescia 1859. Il Vantiniano accoglie le spoglie delle armate europee». Un lavoro certosino che ha raccolto il plauso delle autorità francesi e, ora, la consacrazione del mausoleo di Solferino che ha utilizzato proprio il lavoro di Valotti, quello di Bruno Dotto («Accadde a Solferino») e le iscrizioni sul monumento a Napoleone III a Milano per ricostruire le liste dei morti. In un solo giorno caddero sul campo 4.723 soldati, 20.790 furono feriti. Molti di loro — mancando disinfettanti e antibiotici — nei giorni seguenti trovarono la morte fra dolori atroci. Restituire al ricordo il loro nome è un gesto tardivo, comunque bello e doveroso.