Finì in cella per il maxi incendio Assolto un giovane camuno
Per Oscar Bellicini il pm aveva chiesto 32 mesi La difesa: «Nessun indizio al di là della suggestione e di un movente caduto»
Finì in carcere, nell’aprile di un anno fa con l’accusa di aver appiccato un maxi incendio che distrusse oltre 220 ettari di boschi in Valcamonica. Al termine del processo il Tribunale ha assolto, «per non aver commesso il fatto», Oscar Bellicini, 24 anni, già scarcerato dal Riesame e dalla Cassazione per mancanza di gravi indizi di colpevolezza. Il pm aveva chiesto 2 anni e 8 mesi.
Un sorriso finalmente «liberato» dalla tensione accumulata dal primo banco sulla destra dell’aula. Un sospiro di sollievo. Un abbraccio ai suoi avvocati, uno sguardo al padre. E poi via, verso l’uscita. «Nessun commento, mi dispiace, non voglio dire nulla». A processo per il maxi rogo del gennaio di un anno fa sui monti della Valcamonica, Oscar Bellicini, 24 anni, è stato assolto «per non aver commesso il fatto» — così come chiesto dai suoi legali Ennio Buffoli e Elisa Zanella — dal giudice, Riccardo Moreschi, dopo una ventina di minuti in camera di consiglio.
Il pm Ambrogio Cassiani aveva chiesto nei suoi confronti una condanna a due anni e otto mesi per incendio doloso: secondo l’accusa fu lui, il 4 gennaio 2017, ad appiccare il fuoco che distrusse oltre 220 ettari di bosco tra Bienno (dove Oscar vive) e Breno. «Non è così. Sì, ci sono passato da quella strada, ma solo per andare a Salice e raccogliere i legni di nocciolo» ha sempre ribadito l’imputato, anche a dibattimento, negando qualsiasi responsabilità. Perché «è un fatto gravissimo, non vivrei in pace se fossi stato io» ha detto anche al padre che gli chiedeva di essere sincero («dillo a me se sei stato tu») in una conversazione intercettata — e ripercorsa tra le altre dalla difesa durante l’arringa — o alla zia, che lo metteva in guardia: «Occhio, perché controlleranno anche il telefono». «Guardino tutto ciò che vogliono, non ho nulla da nascondere, anche se non ricordo gli orari esatti, questo no. So solo che io delle fiamme non mi sono accorto».
Ma i pilastri d’accusa, secondo i difensori, sono sempre stati pressoché inesistenti. «Al di là di tanta suggestione — appartenere a una famiglia di presunti bracconieri — di un movente che si è sciolto come neve al sole (radere al suolo la zona per procurarsi una personale riserva di caccia) non ci sono elementi indiziari gravi in grado di collocare con certezza Bellicini sul posto». Se non il passaggio della sua auto, immortalato dalle telecamere, sulla strada che porta a Campolaro attorno alle 15.15 di quel giorno. La difesa ha sempre contestato — e lo ha fatto anche prima della sentenza — la mancata identificazione di tutti gli altri veicoli, conducenti compresi, che anche prima del presunto orario in cui il rogo fu appiccato, transitarono in zona: «Sono 33, di cui non sappiamo nulla: come possiamo escludere il responsabile?». In sede cautelare, il Riesame prima e la Cassazione poi non ravvisarono indizi di colpevolezza a carico di Bellicini (arrestato e condotto in carcere). Quindi, per la difesa, «la disanima del compendio probatorio non può che portare a una sentenza di assoluzione, per non aver commesso il fatto». E così è stato.
A inizio udienza il giudice ha registrato anche la revoca della costituzione di parte civile del Comune di Bienno (avvocato Leonardo Peli): «Perché riteniamo non siano stati raggiunti elementi di prova tali da superare il giudizio cautelare della Cassazione». I colleghi al fianco della Comunità montana di Valcamonica (Oscar Panigada, sostituito da Giuseppe Profeta) e del comune di Breno (Laura Beccagutti) avevano invece chiesto rispettivamente una provvisionale da 30 mila e 150 mila euro, per un risarcimento danni, nel caso di Breno, di oltre 269 mila euro.