Corriere della Sera (Brescia)

Sassu e De Pisis La collezione delle sorprese

- Tino Bino

Più che l’allestimen­to organizzat­o di un architetto è la raccolta di un ricco trovarobe. Che ha messo in bella vista, nelle stanze di vicolo della Manica, che furono un tempo aule e corridoi di liceo e che oggi ospitano il museo della città di Iseo, 78 pezzi fra disegni e opere d’arte di nomi celebri della storia del Novecento e di fine Ottocento. Ci sono anzitutto le firme nazionali: De Pisis, Oprandi, Consadori, Campigli, Oriani, De Chirico, Sassu, Minguzzi, Longaretti, Cassinari. E poi c’è la storia della pittura bresciana di grande tradizione: Inganni, Mosè Bianchi, Romolo Romani fino giù ai grandi teleri di Oscar di Prata, alle opere di Giovanni Repossi, di Matteo Pedrali, di Carlo Salodini, Alberto Vitali, Vittorio Viviani che a Iseo è stato di casa per quarant’anni e vi ha lasciato un piccolo museo . E infine vi è lo spazio per una sezione di artisti locali: straordina­ri i pezzi di Mariuccia Nulli, malinconic­i quelli di Amleto Romele. C’è un ricordo del Premio Iseo del 1947, una bella pagina ingiallita e smangiata di Alberico Sala dal Popolo d’Italia e poi qualche foto, accenni di ricordi. Non c’è in verità un percorso organico, una raccolta ragionata, un catalogo critico. Eppure questa mostra è un fascinoso improvviso estivo, una deviazione senza impegno per una suggestion­e sulla dimensione dell’arte. Sono tutte opere raccolte in case private da Iseo a Palazzolo, sono un «assembrame­nto spontaneo», un aperitivo domenicale, che ha il pregio di essere visto in giustappos­izione con questa raccolta della storia locale, fatta di grandi foto, di costumi d’epoca, di oggetti scartati e custoditi a beneficio della memoria collettiva, di solito così distratta. Le due grandi tele di Di Prata sono sul fondo di una linotype degli anni Venti. Stampava manifesti e necrologie e avvisi comunali. Ha i cilindri di gomma ancora gonfi di inchiostro. E profuma di altri tempi come questa rassegna voluta, raccolta, allestita con autentica passione da Tonino Mazza, insegnante in pensione che da anni, in pacifica solitudine e in un ottimismo che non deflette, scrive libri, raccoglie robe, tiene aperta una raccolta di memorie e si sforza (lui, venuto dal Sud cinquant’anni fa) di usare, con accenti improbabil­i, termini dialettali desueti.

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