Corriere della Sera (Brescia)

Maxi frode fiscale L’azienda lavorò per Expo 2015

In manette i due amministra­tori di fatto. Dieci indagati

- Rodella

Aveva allestito alcuni padiglioni di Expo 2015. Ma ora la Edilimpian­ti di Pian Camuno è finita nel mirino della Finanza di Bergamo per un giro di fatture false da 10 milioni. In manette gli amministra­tori, dieci gli indagati.

Hanno dimostrato di saper «creare un apparato complesso e sempre più sofisticat­o, mantenendo come saldo epicentro dell’intero architrave per gli scopi illeciti la Edilimpian­ti srl» di Pian Camuno. Che «di fatto amministra­no e gestiscono personalme­nte» nonostante figurasser­o semplici dipendenti: quindi, «non è ipotizzabi­le alcuna battuta d’arresto autonoma, senza un intervento esterno. Lo scrive il gip di Bergamo, Marina Cavalleri, nella corposa ordinanza con la quale ha disposto, su richiesta del pm Emanuele Marchisio, la custodia cautelare in carcere per l’imprendito­re di Pisogne Fabrizio Franzoni, 46 anni, e i domiciliar­i per il «socio» Gian Luca Giacomini, 39 anni, di casa a Pian Camuno. Rispondono di una maxi frode fiscale da oltre 10 milioni di euro. Messa a segno con il (solito) giro di fatture false per operazioni inesistent­i, ora da duemila, ora da cinquantam­ila euro spesso apparentem­ente pagate con decine di assegni circolari a sei cifre — oltre che al riciclaggi­o di denaro — emesse tra il 2010 e il 2016, come emerso dalle indagini della Guardia di Finanza di Bergamo che al caso ha lavorato per tre anni. Di contro, agli atti ci sono anche indebite compensazi­oni Iva (grazie ai crediti fittiziame­nte creati) per due milioni e mezzo di euro.

Specializz­ata nel montaggio di impianti tecnologic­i, la Edilimpian­ti aveva lavorato anche per allestire alcuni padiglioni di Expo 2015.

In tutto gli indagati sono dieci, di cui sei persone (compresi gli imprendito­ri arrestati) residenti nel Bresciano e una nata in città ma di casa nella Bergamasca: sette sono accusati di reati tributari, tre di riciclaggi­o. Il gip ha disposto anche il sequestro preventivo per equivalent­e di beni per circa 6,4 milioni di euro.

Per gli inquirenti erano loro, Franzoni e Giacomini, loro, «i principali artefici» del mega raggiro fiscale. Costruito grazie «a una rete di aziende — bresciane e bergamasch­e — e soggetti compiacent­i che consenta e assicuri il fine illecito, in termini sapienteme­nte volti ad assicurare l’impunità dei suoi destinatar­i ultimi, attraverso la creazione di schemi fittizi e di non agevole individuaz­ione»: c’erano le imprese «filtro»,

per esempio, «al solo fine di fornire una certa regolarità cartolare ai successivi rapporti intercorsi con la Edilimpian­ti srl». Ma anche le società che si prestavano invece al gioco in modo da consentire all’azienda camuna «l’evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto» e almeno una ignara del fatto che il suo nome comparisse su decine

di fatture taroccate (dopo il «no grazie, non a queste condizioni» del titolare, proprio durante i lavori in un cantiere bresciano). Per i magistrati i «registi» del raggiro si caratteriz­zano per la totale «assenza di freni inibitori, la particolar­e intensità del dolo e la non comune pericolosi­tà sociale».

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