Maria Hardouin vita da moglie di un seduttore
Letteratura Pubblicata la prima biografia completa di Maria Hardouin, nobildonna romana, moglie del Vate Viveva a Villa Mirabella accanto all’harem del marito da cui non divorziò mai
Nel giardino del Vittorale, vicino agli archivi, pochi fanno caso alla tomba sempre infiorata di Maria d’Annunzio, la sposa del poeta. Sosta chi ha una guida che spieghi quanto abbia amato quell’uomo, scordando i tradimenti.
«Colomba senza fiele» avrebbe voluto che si leggesse sulla sua lapide, «in un angolino sotto i cipressi e gli olivi». Donna Maria è morta invocando i suoi cari: «Gabriele, Gabriellino, Venier, eccomi».
Al capezzale il primogenito Mario con la moglie Angela, destinata ad ereditare il titolo di principessa di Montenevoso. E ancora: la contessa Rina Erculiani Cervis (Riri), fedele amica degli ultimi anni, il medico Alberto Cesari, alcuni legionari. «Ho sempre paura di essere sola», aveva bisbigliato durante l’agonia. E sola non è mai rimasta nel grande salotto della Mirabella trasformato in camera perché la malata potesse vedere il lago dal letto. Su un comodino il telegramma inviato da Papa Pacelli tramite mons. Giovanni Battista Montini: «Paternamente esaudendo desiderio inferma Maria d’Annunzio augusto pontefice le impartisce implorata apostolica benedizione auspicio divina assistenza». Scrivendo «Maria d’Annunzio» il Vaticano confermava l’esistenza del vincolo matrimoniale fra i due. Quanto all’implorata benedizione sottolineava la devozione della signora.
Ore 13,50 del 18 gennaio 1954: l’ultimo respiro. Accoccolata su una poltrona c’era Pucci, la bianca cagnetta della signora. «Fate che non muoia di pena», s’era raccomandata. Poco dopo un nastro a lutto venne affisso alla porta di villa Mirabella, un altro all’uscio della vicina Prioria e cupi rintocchi furono emessi dalla campana all’ingresso del Vittoriale.
Oggi di Maria di Gallese si conosce tutto. Ogni notizia, anche la più minuziosa, è sviscerata nelle oltre 500 pagine del libro scritto da Giuliana Vittoria Fantuz, edito da Ianieri e che fa parte della prestigiosa collana diretta da Franco di Tizio. Manca solo la data di nascita di Maria. E così non sapremo mai se la ragazza del «peccato di maggio» fosse nata prima o dopo il poeta . Opera pregevole, l’unica che ci permette di conoscere ogni particolare della vita della nobile romana ed i rapporti intercorsi con d’Annunzio. Dal volume esce un ritratto a tutto tondo della donna, con i pregi e i difetti, l’umiltà e l’arroganza, le gioie ed i dolori, splendori e miserie. La sua vita è scandita momento per momento con il sostegno di tutti i documenti finora disponibili e in certi casi non facili da reperire. Possibili novità verranno dopo la pubblicazione delle lettere che i due si scambiarono.
Morto d’Annunzio, il carteggio arrivò prima a Maroni, passò quindi a Rina Cervis, legata all’architetto del Vittoriale. Nel tempo vennero acquistate dal costruttore Vitaliano Gaidoni di Brescia e, alla sua morte, messe sul mercato. Potranno svelarci fatti sconosciuti. Per ora la Fantuz ha raccolto tutto il possibile. Sappiamo così che la nobile chiamata dall’Imaginifico Yella, Maraia o Maraska — il poeta era solito “ribattezzare” le donne del suo harem — gli scrisse firmandosi «Suor Veloce» per le mille cose che sapeva sbrigare rapidamente.
Trovandosi con un abito «color pomme de terre», si firmò «Marioska Patatinska». Inezie queste, ma leggendo si trova di meglio. L’autrice ci informa che Maria, educata da ereditiera, conosceva il valore di monete antiche e ignorava quello del denaro corrente. Lo comprese nel 1926 quando dovette ricorrere all’aiuto di Gabriele. Il libro ci narra con eleganza la lunga liaison fra Maria ed il pittore Antonio de La Gandara, che non poté sfociare in matrimonio per le difficoltà burocratiche di divorziare dai rispettivi coniugi. Assicura che al momento della morte del Comandante Maria era a Parigi, mentre molti l’hanno creduta in villa Mirabella. E ancora che ebbe buoni rapporti con Letizia, una delle amanti del satiro.
Ogni capitoletto — e sono 53 — qualcosa di inedito. Inediti poi diversi estratti da lettere e biglietti. Unico neo: ci voleva l’indice dei nomi.
Nomignoli L’Imaginifico la ribattezzò Yella, Maraia o Maraska, lei stessa si definiva Suor Veloce