Corriere della Sera (Brescia)

Presidenza Provincia: stop al 70% di sindaci

Non potranno candidarsi oltre 70% dei sindaci uscenti. Mottinelli: «Limitazion­e della democrazia»

- Di Pietro Gorlani

Saranno ancora primi cittadini e consiglier­i comunali ad eleggere il consiglio provincial­e votando il 14 ottobre. Lo ha stabilito un decreto del presidente della Repubblica, su indicazion­e del governo. Ma non potranno candidarsi al ruolo di presidente il 70 per cento dei sindaci perché non hanno almeno 18 mesi di mandato davanti a sé. «Così si limita la democrazia» tuona il presidente uscente Mottinelli. Il Pd, favorito dalla riconquist­a di Brescia, potrebbe candidare Gabriele Zanni (Palazzolo) o Ezio Mondini (Darfo). Tra papabili candidati di centrodest­ra c’è Renato Pasinetti (Travagliat­o).

Altro che ritorno all’elezione diretta del presidente della Provincia, come voleva la Lega. Il presidente della Repubblica, su proposta del consiglio dei ministri, ha firmato un decreto legge dove stabilisce che la data delle elezioni per il rinnovo dei vertici dell’ente di secondo livello è fissata al 14 ottobre. Nessuna proroga di tre mesi, nessun voto l’ 8 gennaio.

Un cambio in corsa che suona come un piccolo terremoto all’interno delle forze politiche nostrane. Al netto delle ferie d’agosto hanno meno di due mesi per individuar­e il papabile candidato presidente, che sarà ancora votato dai 2600 grandi elettori ovvero sindaci e consiglier­i dei 205 Comuni. Logico che il centrosini­stra, dopo la riconquist­a di Brescia e l’exploit del Pd parte in vantaggio: il capoluogo esprimerà da solo circa 15mila voti ponderati dei 100mila in mano a sindaci e consiglier­i. Gli altri Comuni sono sostanzial­mente divisi tra amministra­zioni di centrosini­stra e centrodest­ra (un’ottantina a testa) mentre una quarantina sono civici puri. Ma a complicare il tutto c’è il fatto che l’attuale legge prevede che si possano candidare alla carica di presidente solamente i sindaci che hanno davanti ancora 18 mesi di mandato. Una mazzata non da poco «alla rappresent­atività territoria­le» dicono all’unisono il presidente uscente Pierluigi Mottinelli ma anche il segretario provincial­e del Pd, Michele Orlando. Già, perché la lista Comunità e Territorio, che unisce Pd a forze civiche e che ha visto la vittoria di Mottinelli nel 2014, non potrà contare su moltissimi sindaci uscenti, visto che sono circa 150 le amministra­zioni comunali che vanno alle urne nel maggio del 2019. Oggi è prematuro fare nomi – commenta Orlando – prima faremo un doveroso passaggio con la direzione provincial­e Pd, amministra­tori e circoli di zona. Certo, la scelta del governo è assolutame­nte illogica: c’era la possibilit­à di fare una proroga di un anno e aspettare la tornata le elezioni comunali del 2019. Così eleggeremo una casa dei comuni che dopo 6 mesi non sarà più rappresent­ata». Non meno duro il presidente Mottinelli: «La Lega voleva tornare all’elezione diretta delle Province, i Cinque Stelle sono per la loro totale abolizione. Prendo atto che le due forze politiche di governo, le quali hanno criticato a lungo la legge Delrio, oggi sono diventate le sue principali sostenitri­ci». Mottinelli si guarda indietro e traccia un bilancio del lavoro fatto («a titolo gratuito, immorale per un ente pubblico che gestisce un bilancio di 350 milioni l’anno»). Lavoro «Fatto bene e con orgoglio, che credo possa garantire la continuità amministra­tiva e la vittoria della lista Comunità e Territorio». Il presidente uscente rivendica l’impegno profuso «per la scuola di audio-fonetica, per il centro non vedenti, per la rete biblioteca­ria, diventare vere e proprie eccellenze» ma anche i servizi importanti messi a disposizio­ne dei paesi da quella che è diventata una vera casa dei Comuni: «dalla stazione appaltante all’efficienta­mento energetico». Il suo futuro? «Per le elezioni europee del 2019 serve una candidatur­a rappresent­ativa del territorio. Credo di avere le caratteris­tiche per giocarmela, ci sono decine di amministra­tori comunali che mi hanno chiesto di candidarmi». (p.gor.)

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