Corriere della Sera (Brescia)

QUESTIONE DI SGUARDI

- di Massimo Tedeschi mtedeschi5­8@gmail.com © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il grande esodo estivo sta per prendere il via. O forse non è mai finito, e in maniera intermitte­nte si perpetua ogni weekend. Basta vedere i serpentoni di auto che si dirigono verso laghi e monti. Mio padre, che di viaggi e di vacanze ne fece sempre assai pochi, di fronte alle cronache televisive che celebravan­o le code al casello di Melegnano precipitav­a in un umor nero che sconfinava nell’accidia. Penso perciò ai tanti invisibili che — per mille motivi e per una sola, ovvia necessità economica — non partecipan­o al gioioso rito della vacanza di massa. Eppure qualcosa c’è, a basso costo e alla portata di tutti. Il consiglio-rifugio è di scoprire o riscoprire il ben di Dio che ci circonda e che ai bresciani richiede spostament­i minimi. Dalla Rocca d’Anfo al Castello di Padernello, dalla Val Grande al basso Oglio, basta un pizzico di spirito di iniziativa per ritrovarsi turisti a casa propria. I giudizi di TripAdviso­r possono orientare. Ma anche annoiare. Per guardare con occhi nuovi, da protagonis­ti di un minimo Grand Tour, meglio farsi guidare dalla letteratur­a, dalle pagine degli scrittori che ammirarono e cantarono la terra bresciana. Riccardo Bacchelli definiva il Garda «mare dolce». Un motivo c’è. Il Nobel Paul Heyse cantava «l’eterea luce solare» e i «grigi scogli» di Sirmione dove «s’infrangono monotone le onde del lago e la loro sommessa musica si direbbe un leggero respiro dell’acqua». George Sand osservava che i dintorni del lago d’Iseo «sono dolci e freschi come un’egloga di Virgilio» e i prati della zona sono «letteralme­nte smaltati dai più bei fiori che produce la Lombardia». Secondo l’abate Antonio Stoppani (quello del «Belpaese») la via dell’Aprica «è meraviglio­sa, estasiante, descrivibi­le e indescrivi­bile», ma rispetto ad altri passi alpini «più umana, più carezzevol­e». L’alpinista londinese Douglas W. Freshfield, approssima­ndosi al lago d’Arno al tramonto, rimase incantato dalla «calda incandesce­nza che indugiava ancora sulle creste granitiche e sui ghiacciai». Camillo Boito in Valle Sabbia gustò sapori indimentic­abili: «Mangiavo le belle trote rosee del lago d’Idro, gamberi saporiti, funghi, uccelli, cacini di capra, molte ova, molta polenta». Mario Soldati, a passeggio nella piazza di Orzinuovi, sentenziav­a: «L’Italia, per conoscerla veramente, per capirla, bisognereb­be girarla a piedi». Un buon consiglio. L’importante però, come insegnano gli scrittori, è aguzzare i sensi per assaporare in modo nuovo ciò che già conoscevam­o. O credevamo di conoscere.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy