L’«arbitro» Saglia: ecco i miei modelli
L’ex sottosegretario designato dal governo all’Arera
Stefano Saglia, ex sottosegretario, è stato designato all’«Arera» su proposta del ministro Di Maio. In attesa dell’ok delle commissioni Saglia si propone come arbitro tra le aziende e i consumatori. L’incarico, se sarà confermato, durerà sette anni: «Tutto nella massima trasparenza, senza altre occupazioni».
Stefano Saglia, fa una certa impressione vederla designata all’Arera - Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente «su proposta del ministro Di Maio». È diventato anche lei grillino, per caso?
(Ridendo) «Un momento. La procedura non è completata. La designazione è del Consiglio dei ministri, ma ora deve essere approvata da quattro commissioni: Ambiente e Attività produttive sia di Camera che di Senato. Il voto è ad personam ma se uno di noi 5 designati non passa si torna al consiglio dei ministri».
Prevede di avere i due terzi di voti necessari nelle commissioni, esattamente quelli che mancano al presidente Rai designato, Foa?
«L’accordo sull’authority coinvolge tutti. Credo di godere di ampia considerazione. Se poi il caso Rai avrà un effetto-domino sulle altre nomine, non dipenderà da noi. Però sono cose che in politica ci stanno».
Lei deve ringraziare qualcuno?
«Anzitutto i ministri dello Sviluppo economico, Di Maio, e dell’Ambiente, Costa. Il regista di tutto è stato, per il governo, il sottosegretario Giorgetti. Ci conosciamo bene, era presidente della commissione Bilancio quando io ero sottosegretario. Ha avuto parole di apprezzamento verso di me. Ha chiesto i nominativi ai gruppi parlamentari, l’indicazione del mio nome è venuta dall’area di Forza Italia. Certo, la designazione da parte del consiglio dei ministri per me è rilevante».
Durata dell’incarico e impegni?
«Sette anni. Uffici a Milano, trasferte frequenti a Roma. L’Authority agisce su indicazione del governo e del parlamento ma con indipendenza di giudizio. Dobbiamo essere indipendenti da aziende e soggetti regolati». Per lei sarà un impegno a tempo pieno? «Necessariamente. Non possiamo avere altri incarichi da aziende che regoliamo. Siamo paragonabili alla Consob e all’Antitrust. Il compenso è parametrato. È tutto trasparente: 240mila euro lordi all’anno, secondo il tetto fissato dal governo Renzi. Naturalmente ho rassegnato le dimissioni da Terna: scatteranno al momento del decreto di nomina del presidente della Repubblica».
È vero che aveva già rinunciato ad alcune consulenze al momento della candidatura a sindaco di sua moglie, Paola Vilardi?
«Sì, avevo due consulenze strategiche con A2A e il gruppo Arriva. Mi sembrava sconveniente mantenerle».
La mission di Arera?
«Tutelare i consumatori e promuovere la concorrenza per energia, gas, acqua e rifiuti» Conosce già il suo presidente?
«Certo, Stefano Besseghini: fui io a nominarlo alla presidenza di Rse, società pubblica che si occupa di ricerca energetica. Un ingegnere, accademico, espressione della Lega».
Il vostro è un incarico tecnico, da arbitri. Ma quanto pesano nella vita delle famiglie e delle imprese le materie di cui vi occuperete?
«All’incirca il 20 per cento del budget delle famiglie e delle Pmi non energivore. Per le aziende energivore, come siderurgia, cartiere, vetrerie e cementifici, oltre il 50 per cento».
Da osservatore esperto di politica, che durata assegna all’attuale legislatura?
«I partner di governo sono due partiti con storie diverse, hanno programmi diversi, non hanno dichiarato di formare una coalizione politica. Bisogna vedere come va la legge di stabilità a novembre: se riescono a farla, diven- teranno una vera coalizione politica e a quel punto il centrodestra come l’abbiamo conosciuto non esisterà più. Se la legge non si fa dobbiamo aspettarci le elezioni politiche prima delle europee». Sua previsione personale?
«Salvini e Di Maio hanno dimostrato di non essere sprovveduti, cercheranno in tutti i modi di fare la legge di stabilità. Non è mai accaduto nella storia della Repubblica che un governo godesse, a livello di sondaggi, dei favori del 60% degli elettori. Un patrimonio unico».
Lei ha appoggiato la candidatura di sua moglie per la Loggia, ma la sconfitta è stata sonora. Cosa non ha funzionato nel centrodestra?
«Nel centrodestra l’unico che aveva qualche punto in più di notorietà di Paola era Fabio Rolfi che però ha scelto di fare l’assessore regionale. In queste condizioni la candidatura di Paola era la migliore possibile. Però ha scontato tre fattori. Anzitutto è stata tardiva. Poi c’è stato un forte travaso di voti dai Cinque Stelle al Pd. Una lezione anche nazionale: i 5 Stelle hanno in prestito dal centrosinistra una parte di voti che però, quando trovano una proposta gradevole nel Pd, tornano a casa. Infine la campagna elettorale è stata dominata dai temi della Lega, e questo non ha incoraggiato i cosiddetti moderati. E poi in questa città ogni anno 2000 stranieri acquisiscono la cittadinanza italiana. Il centrodestra deve decidere una linea verso questi elettori: spaventarli o parlare a loro come a elettori normali?».
Non le manca la politica attiva?
«No. Mi mancava l’aspetto istituzionale che ho vissuto in Provincia e poi in Parlamento. Facendo il libero professionista mi mancava il fatto di occuparmi di una cosa che fosse di interesse comune. L’Authority è la massima espressione di un profilo istituzionale».
Mai più Saglia in politica?
«Per sette anni sarà impossibile. Quando avrò 54 anni chissà dove sarò. Diciamo che con questa nomina, se si concretizzerà, entrerò fra le cosiddette “riserve della Repubblica”».
I suoi modelli di riferimento?
«Come arbitro, Giuliano Amato quando era all’Antitrust. Come uomini dell’energia Enrico Mattei e Renzo Capra. Ma loro non erano certo arbitri...»
Scenario nazionale Ci si gioca tutto sulla legge di stabilità: se non passa, elezioni politiche prima delle europee
Scenario locale Il voto grillino è tornato al Pd e poi i temi elettorali leghisti hanno spaventato i moderati