Caldo e ozono: bollino rosso per Brescia
L’allarme: ci sono rischi per la salute
Dopo giorni di caldo torrido, oggi Brescia è tra 12 le città più calde d’Italia. A certificarlo è l’allerta del ministero della Salute, che ha classificato il capoluogo con il «livello 3». Significa che ci sono rischi per la salute non solo per fasce deboli come anziani e bimbi piccoli, ma anche per tutti gli altri. Le temperature percepite arriveranno a 36 gradi, in un mix di afa e umidità. A complicare il tutto sono gli alti livelli di ozono, che in tutta la provincia — eccetto Ponte di Legno — hanno superato la soglia di legge. È un gas tossico, che irrita mucose e occhi, e persistente. Come spiega la professoressa Maria Luisa Volta, non bisogna farsi illusione. «L’estate prossima non sarà migliore». Servono politiche diverse per ridurre il livello di inquinanti nell’aria. E per difendersi dal caldo torrido, i bresciani tengono accessi maggiormente condizionatori e ventilatori: in questa settimana i consumi elettrici sono cresciuti dell’8% nella città di Brescia e del 2,5% in provincia.
L’ozono è un gas tossico, capace di irritare occhi e polmoni. E da giorni tiene in ostaggio gran parte della provincia, come una fantasma invisibile.
Se poi si aggiunge il forte irraggiamento solare, l’assenza di pioggia e una temperatura che raggiungerà i 36 gradi, si capisce perché il ministero della Salute ha lanciato l’allarme anche su Brescia. Oggi la città, come altre 11 capoluoghi in Italia, sarà da «bollino rosso», l’allerta di livello 3 che indica condizioni di emergenza. Con ondate di calore che possono avere effetti negativi sulla salute di persone sane e attive, non solo quindi sui sottogruppi a rischio come gli anziani, i bambini molto piccoli e le persone affette da patologie croniche (ad esempio a livello cardiocircolatorio o polmonare). È ormai boom di notti «tropicali» — quando la temperatura non scende sotto i 20°C — senza contare l’umidità e l’afa che attanagliano le giornate. Non a caso, l’ultima settimana ha fatto registrare sia un picco della «potenza prelevata dalla rete» sia un aumento nei consumi elettrici rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso: un più 8% per la città di Brescia (con punte del 18,2% il 25 luglio scorso) e un aumento in provincia che, secondo A2A, ha raggiunto quota più 2,5%.
Il bollino rosso emanato dal ministero della Salute è il frutto di tre giorni consecutivi di ondate di calore che non sembrano dare tregua. Tra le cause, c’è soprattutto l’ozono. Un inquinante poco noto, più volte ribattezzato «smog estivo», che non dovrebbe superare i 120 microgrammi per metro cubo. Soglia che negli ultimi giorni non è mai stata rispettata, se si eccettua l’Alta Vallecamonica: 172 mg/m³ a Brescia il 30 luglio, 163 a Desenzano, 166 a Pontevico, 150 a Iseo, 142 a Lumezzane, 172 a Manerbio. L’Alto Garda beneficia in genere di più vento, ma l’ozono ha raggiunto concentrazioni elevate anche qui: 146 a Limone il 29 luglio, lo stesso giorno 163 anche nel golfo di Salò. E se questa è la media della misurazione disposta sulle 8 ore — limite 120 mg/m3 — i picchi di ozono non vanno trascurati. Soprattutto per i bambini e gli anziani, se sono all’aria aperta: Iseo ha raggiunto i 190 microgrammi il 28 luglio, Salò i 217.
Di certo questo gas è «un inquinante secondario», significa che si forma in atmosfera
Livello 3 Per l’ondata di calore allertati i servizi sanitari e sociali, sono a rischio anche le persone sane
Volta È sbagliato aspettarsi che i livelli di ozono migliorino Sarà così anche per l’estate 2019
«per interazione di inquinanti come gli Ossidi di azoto (NOx) e i Composti organici volatili (Cov), che reagiscono a causa della radiazione solare» spiega Maria Luisa Volta, professoressa del dipartimento di Ingegneria dell’Università di Brescia. Che invita chiunque a non considerare questo periodo un’eccezione: «Non aspettiamoci che nelle prossime estati la situazione cambi». Basta sommare alcun fattori: l’assenza di vento che caratterizza la pianura padana, il fatto che i Composti organici volatili derivano dall’attività biogenica delle piante, ma anche dall’uso di solventi, vernici, sgrassatori sui quali è difficile agire. Inoltre, le politiche di miglioramento della qualità dell’aria si stanno concentrando più sulle polveri sottili («molto più dannose per la salute», dice Volta) che sull’ozono. Tutti quei gas, però, si formano — e si moltiplicano — per effetto dell’interazione tra inquinanti diversi. Ecco perché servirebbe un vero «piano nazionale che contempli la riduzione non di alcuni, ma di tutti gli inquinanti» sostiene la docente. E questo significa agire sugli ossidi di azoto, il particolato primario, ma anche l’ammoniaca, gli ossidi di zolfo, gli Ipa, i Cov. E se il Pm10 d’estate scende — grazie a certe condizioni che ne favoriscono la dispersione — l’ozono è un gas persistente, spesso sottovalutato.
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