IL CALCIO PER I BIMBI
Finiti i Mondiali, impazza il calcio mercato. Dopo CR7 altre star sembrano in coda per entrare nel gotha delle squadre che vincono sempre e di quelle che anelano a farlo.Notizie estive da commentare al bar per gli adulti. Ma anche ragazzi e bambini stanno a guardare. Osservano con impressionante attenzione uno dei mondi che preferiscono, su cui si aggiornano con costanza e quasi avidità attraverso i media e gli scambi di figurine di serie diverse a seconda della stagione. E quelle immagini stampate, insieme a una varietà di canali televisivi o web, fanno di alcuni calciatori degli idoli e di altri buoni modelli per la propria vita. Bello che uno sportivo sia un riferimento per i più giovani. Tanto più in un’epoca travolta da video di tutti i tipi che non incentivano l’attività motoria, anche se loro, gli idoli, fanno capolino anche lì, in un gioco, in un gesto, in qualche slogan. Peccato, però, che il calcio a tutti i livelli da anni sia sporcato da condotte sconvolgenti. Professionisti, ma anche ragazzi e bambini, che non hanno rispetto dell’autorità, difficoltà comunicative tra allenatori e giocatori, intemperanze in campo e negli spogliatoi. Educatori sprovvisti di mezzi per arginare le emergenze, ma anche quanto, sconsolatamente, sta per divenire una sorta di normalità: vedere nel calcio il campo privilegiato di espressione di una aggressività che nulla ha a che fare con la sana competizione sportiva, quella che fa crescere. E qui la sorpresa agghiacciante. A bordo campo si aggirano genitori vaneggianti.
Confusi da un amore malato del gioco e da aspirazioni malsane che riversano su figli anche piccolissimi. Niente tifo per la squadra, mitizzazione del proprio pargolo, disponibilità alla rissa. Crisi se il bambino o il ragazzo non sono convocati in partita o confermati da una squadra, interferenza con il lavoro di quegli istruttori che credono nei valori. In sintesi: proponiamo di continuo ai più giovani un modello di sport, e di esistenza, completamente distonico con le loro esigenze di crescita. Con la necessità di imparare le regole, la relazione con l’altro, il rispetto della diversità. La capacità di pensare. Di formulare strategie. Di anticipare il risultato, di immaginarlo. La creatività. L’originalità che esalta il gruppo. La generosità di costruire azioni. Che bello se il calcio aprisse gli occhi sulle sue potenzialità, se fosse uno strumento per fare crescere le persone. Del resto i mondiali lo hanno appena dimostrato: non esiste campione che non sia un uomo maturo. I fenomeni fanno spettacolo, ma la vita vera, sportiva e non, è tutta un’altra cosa.