Manuela, celle al setaccio «Io, l’ho vista domenica»
Spunta un testimone: «L’ho vista domenica pomeriggio in città. Era lei»
Ne è certo: «L’ho vista domenica pomeriggio, in città, era con un uomo. Sembrava tranquilla». Spunta un presunto testimone che dice di aver incontrato Manuela Bailo, 35 anni, scomparsa dalla casa di Nave in cui viveva con l’ex sabato 28 luglio. Ma le risposte potrebbero arrivare anche dalle celle agganciate da quel cellulare che risulta irraggiungibile dalla sera del 30 luglio, oltre che dalle dichiarazioni di chi la conosceva
I dubbi, le potenziali contraddizioni, ogni singolo elemento che possa rivelarsi utile per risolvere il caso. Perché di giorni, adesso, ne sono passati troppi: Manuela Bailo, 35 anni, impiegata al Caf della Uil in città, è scomparsa da sabato 28 luglio. Nessuno la vede da quando, verso le 17.30, una delle telecamere di videosorveglianza installate nell’appartamento di Nave in cui continuava a vivere con l’ex compagno Matteo Sandri la immortala mentre piega il bucato e prepara una borsa. Esce in auto, a bordo della sua Opel grigia, e non torna più. Non chiama, non avvisa che resterà fuori. Se non (tra domenica e lunedì) con una serie di sms che la mamma, Patrizia, ma anche la sorella Arianna e le amiche, non credono siano stati scritti da Manuela: messaggi inviati per comunicare ora che sarebbe rimasta al lago, ora, invece, per dire ai colleghi di essere malata. O specificare di essere con la sua più cara amica: «L’unica che mi capisce». Il problema è che Manuela, in quei giorni, non arriva sul Garda, non si fa visitare dal suo medico e non raggiunge nemmeno Francesca. Ma allora dov’è?
Un ragazzo straniero giura di averla vista in città, domenica pomeriggio attorno alle tre. «Era seduta sulla panchina, qui in rotonda»: in via Milano, all’altezza dell’Esselunga. «Avevo visto un servizio che parlava di lei al telegiornale», poi è uscito per partecipare a una funzione religiosa con la moglie. Ed è certo di aver incontrato Manuela. « Sembrava tranquilla, ma non era da sola. Aveva una maglietta verde e parlava con un uomo, calvo. Sembrava gli stesse spiegando qualcosa». Le sue dichiarazioni finiranno nel fascicolo. E al vaglio dei carabinieri.
Certo è che il telefonino di Manuela (personale, perché manca all’appello anche quello aziendale) risulta irraggiungibile da lunedì sera. Nel mirino di procura e militari, adesso, ci sono proprio le celle telefoniche che il cellulare può aver agganciato. Le prime analisi, ancora parziali, sono arrivate. Ma non si tratta di una semplice «lettura», quanto di mirati controlli incrociati per verificare — o escludere — che altri dispositivi siano stati «catturati» dalle stesse celle. È una pista, ma non è l’unica. Al vaglio ci sono anche le dichiarazioni di tutti coloro che a Manuela erano vicini: famigliari, amici, colleghi, uomini che con lei, anche di recente, avrebbero avuto una relazione. Anche la minima incongruenza nella ricostruzione di spostamenti o legami affettivi non passerà in secondo piano.
Nel frattempo la famiglia di Manuela ha deciso di chiudersi nel silenzio. E chiede non siano divulgate «informazioni riservate» che potrebbero compromettere l’esito delle indagini. «Grazie a tutti coloro i quali si sono adoperati per consentire la massima diffusione degli appelli che sono stati lanciati, ci auguriamo trovino ancora eco tanto sui canali tradizionali, quanto sui social media » , spiegano.
«La mancanza di notizie di Manuela preoccupa», ammette la famiglia, soprattutto perché «si protrae ormai per diversi giorni». «Temiamo il peggio», ma niente più dichiarazioni: «Allo stato non ci sono nuove notizie rispetto a quelle già diffuse nei giorni scorsi». Le aspettano tutti, in primis in quella villetta dove vive la mamma di Manuela, consumata da una grandissima angoscia.