Parkinson, ecco come vincerlo
Bloccare la proteina Sinapsina 3 previene la morte dei neuroni: l’ha scoperto un team di bresciani
L’ha scoperto un team di ricercatori bresciani, guidati dalla professoressa Arianna Bellucci: spegnere geneticamente la proteina «Sinapsina 3» previene il danno neurologico alla base del morbo di Parkinson. La ricerca pubblicata su Acta Neuropathologica.
Con l’invecchiamento della popolazione, le diagnosi di Parkinson sono aumentate. Quasi un spettro «nero» quello del morbo, di cui finora non si conoscevano le cause. Ora però un team di ricercatori dell’Università di Brescia — guidati dalla professoressa di Farmacologia Arianna Bellucci — hanno scoperto che la proteina «Sinapsina 3» svolge un ruolo centrale nello sviluppo di questa malattia neurodegenerativa. I risultati dello studio — finanziato dalla «Michael J. Fox», la Fondazione privata più importante al mondo nel campo della ricerca sul Parkinson — hanno dimostrato che l’assenza di Sinapsina 3 «blocca la formazione di quei depositi proteici cerebrali che innescano la morte dei neuroni». Nella fattispecie, dei «neuroni dopaminergici del sistema nigrostriatale, processo alla base dell’insorgenza dei sintomi motori della malattia di Parkinson».
Un salto in avanti decisivo, sul quale ora si concentreranno i prossimi passi della ricerca: l’obiettivo è sviluppare farmaci in grado di bloccare la «Sinapsina 3», considerata regista di un processo di degenerazione dei neuroni.
Tutto infatti parte da uno studio precedente, svolto in collaborazione con i docenti di Neurologia dell’ospedale Civile — Alessandro Padovani e Barbara Borroni — che avevano aiutato il team della professoressa Bellucci a scoprire che la Sinapsina 3 si accumulava nel cervello dei malati di Parkinson. Un’evidenza fondamentale, a partire dalla quale i ricercatori hanno poi sviluppato altri approfondimenti. L’intuizione che questa proteina fosse coinvolta nei processi di degenerazione cellulare si è rilevata corretta. Quando infatti non c’era la Sinapsina 3, la malattia non si sviluppava. Ora, però, passare dai modelli sperimentali alla produzione di un farmaco richiederà tempo.
Nulla è scontato. Il prossimo passo sarà mettere fuori gioco la Sinapsina 3, ma già oggi il target sul quale agire è stato individuato. Il merito è di Gaia Faustini (dottoranda) e Francesca Longhena (assegnista di ricerca), che hanno lavorato a questa ricerca sotto la supervisione di Arianna Bellucci. Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa «Acta Neuropathologica». E tra gli autori del progetto, durato più di due anni, figurano anche ricercatori dell’Università di Padova, dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Genova) e dell’Università di Lund, in Svezia. Gli ultimi due hanno fornito materiale essenziale per il modello sperimentale in vivo sul quale i ricercatori bresciani continuano a lavorare: l’obiettivo è «legare» la Sinapsina 3 ad una serie di molecole, e bloccare quindi la formazione degli aggregati alla base della malattia. Gli studi stanno fornendo segnali «promettenti», quindi la speranza di trovare una cura aumenterà. (m.tr.)