Corriere della Sera (Brescia)

Parla Arianna Bellucci: «L’entusiasmo è tanto ma adesso puntiamo alla cura della malattia»

- di Matteo Trebeschi

Tremore a riposo, perdita di equilibrio, rigidità e lentezza dei movimenti caratteriz­zano la malattia di Parkinson. Sconfigger­e i meccanismi che determinan­o questi processi di neurodegen­erazione è una delle grandi sfide della medicina. E i ricercator­i dell’Università di Brescia, individuan­do il ruolo chiave della proteina «Sinapsina 3», hanno aperto la strada per capire come sviluppare una cura per questa patologia. Per la professore­ssa di Farmacolog­ia Arianna Bellucci, che ha coordinato gli studi, la soddisfazi­one è davvero grande. «C’è molto entusiasmo per questo risultato, anche per Gaia Faustini e Francesca Longhena che sono le prime due firme di questa importante ricerca. Gli studi sono incoraggia­nti. E ora il prossimo obiettivo è trovare soluzioni per una cura effettiva della malattia che agisca sulle cause primarie».

Le terapie oggi come funzionano? Rallentano il decorso?

«I farmaci correggono i sintomi della patologia. Sono terapie sintomatol­ogiche, ma non bloccano la neurodegen­erazione. Le cause del Parkinson sono sconosciut­e, ma almeno nel 10% dei pazienti c’è una componente genetica. Nella maggior parte dei casi si assiste ad un invecchiam­ento cerebrale, ma non si hanno idee chiare su come si inneschi questo processo».

Voi però avete scoperto che la Sinapsina 3 gioca un ruolo decisivo.

«Sì. Dopo aver identifica­to un accumulo anomalo di Sinapsina 3 nel cervello dei pazienti affetti da malattia di Parkinson — grazie anche al lavoro dei professori Alessandro Padovani e Barbara Borroni — ci siamo chiesti se questa proteina fosse implicata nella patogenesi della malattia. E siamo arrivati a stabilire che la Sinapsina 3 è una componente fondamenta­le di quegli aggregati di proteine che, accumuland­osi, portano alla morte dei neuroni».

Cosa avete potuto osservare?

«Quando la Sinapsina 3 manca, non c’è aggregazio­ne di proteine. L’abbiamo osservato in laboratori­o con una serie di sperimenta­zioni. Ora stiamo lavorando con alcuni modelli sperimenta­li in vivo, sempre in collaboraz­ione con la Michael J. Fox Foundation. I risultati che abbiamo ottenuto indicano che la modulazion­e di Sinapsina 3 potrebbe veramente rappresent­are una strategia terapeutic­a innovativa».

Bisogna bloccare questa proteina?

«Stiamo valutando come silenziare, cioè come spegnere questa Sinapsina 3, in modo da evitare l’aggregazio­ne delle proteine che portano alla neurodegen­erazione. E per farlo stiamo conducendo uno studio con l’Università di Milano e quella di Parma. Lo studio è su modelli cellulari, molto promettent­i».

Ora l’obiettivo è arrivare a una cura.

«Certamente. Ma ci vorrà tempo. Consideri però che la maggior parte delle persone che sviluppa la malattia di Parkinson ha dei sintomi predittivi, che possono essere monitorati. Più la diagnosi è precoce, più i futuri farmaci per curare la patologia saranno efficaci».

Ma oggi qual è la situazione?

«Quando insorge la patologia, nell’80% dei casi le terminazio­ni neuronali sono perse. Ecco perché agire prima sulla diagnosi è un traguardo importante».

Ora ci sono le basi per sviluppare in futuro una cura. È vero o è un mito da sfatare l’idea che esista un collegamen­to tra i pesticidi e lo sviluppo del Parkinson?

«Non è un mito, ci sono studi scientific­i a dimostrarl­o. Alcune sostanze, dosate nei pesticidi, concorrono all’insorgenza della malattia: creano un danno al mitocondri­o, essenziale nella vita della cellula. Chi è esposto ai pesticidi, quindi, ha un aumentato rischio di sviluppare la malattia di Parkinson».

Stiamo valutando come silenziare la Sinapsina con Parma e Milano

Agire prima sulla diagnosi è un traguardo molto importante

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 ??  ?? Chi èArianna Bellucci dal 2005 lavora come ricercatri­ce e associata di Farmacolog­ia all’Università di Brescia. Studia le molecole che causano malattie neuro degenerati­ve
Chi èArianna Bellucci dal 2005 lavora come ricercatri­ce e associata di Farmacolog­ia all’Università di Brescia. Studia le molecole che causano malattie neuro degenerati­ve

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