Ricky Gianco «La mia Amarcord negli anni 60»
La leggenda vivente del rock Ricky Gianco oggi alla Festa della Radio per un viaggio negli anni Sessanta tra ricordi e pezzi vintage «intramontabili»
Quando parla di Enzo Jannacci, Adriano Celentano e Gino Paoli lo fa con pacata naturalezza, dopo aver condiviso con loro avventure musicali di ogni sorta. E potrebbe raccontare la storia musicale d’Italia Ricky Gianco (nome d’arte di Riccardo Sanna, classe 1943), cantante, chitarrista compositore e produttore, considerato uno dei padri della musica rock made in Italy. Definito dall’enciclopedia del rock italiano come «Pete Seeger», Ricky ha fatto sognare le generazioni delle balere e, questa sera, si esibirà alle 21.30 con Gianfranco Manfredi sul palco principale di via Serenissima in un contesto per lui abbastanza inedito (festaradio.org). Lo spettacolo intitolato Canzoni d’autore, di lotta e di… rock’n’roll, vedrà l’artista lodigiano accompagnato dai suoi fedelissimi Stefano Covri alla chitarra, Gino Carravieri alla batteria e Massimo Spinosa al basso e tastiere. Ricky, è vero che grazie a Manfredi lei è rinato come cantante e musicista? «Sì, lo confermo. Tra l’altro Gianfranco stasera a un certo punto salirà sul palco, presenterà alcune sue canzoni e altre le canteremo insieme. È risaputo che da sempre suonavo rock e avevo mille progetti e mille collaborazioni, poi col passare degli
Amarcord Racconterò la storia del rock’n’roll attraverso aneddoti, storie e suonate. Le nuove generazioni forse non conoscono la mia discografia, anche se qualche mio brano non morirà mai
anni ho iniziato la carriera di produttore seguendo alcune band interessanti come Albero Motore. Quando conobbi Manfredi, nacque subito un’intesa professionale e una grande amicizia che dura tutt’oggi. Con lui è rinata la voglia di tornare in prima linea sul palco».
Che tipo di spettacolo vedremo?
«Racconterò la storia del rock’n’roll attraverso aneddoti, storie raccontate e suonate, fatti accaduti tra gli anni ‘60 e ‘70. Probabilmente le nuove generazioni non conoscono la mia discografia, anche se qualche brano evergreen non morirà mai, tipo Sei rimasta sola, che scrissi quando avevo 18 anni».
La sua straordinaria carriera sarà illuminata da un’infinità di aneddoti. Ce ne racconti uno.
«Iniziai a occuparmi di musica a 15 anni, e ricordo che quando ne avevo 17 riuscii a creare un’orchestra insieme, tra gli altri, a Enzo Jannacci. Suonavamo alla Villa Romana di Alassio, ed io con la mia chitarra ero il più felice del mondo: grazie all’entusiasmo riuscimmo a diventare un vero gruppo catapultato nel mondo degli adulti. Ricordo un’altra volta che mi ammalai dovetti eseguire l’ordine di Jannacci (il quale ai tempi frequentava la facoltà di Medicina) di stare a letto sotto le coperte di lana per eliminare le tossine attraverso il sudore.
È terminata da un pezzo l’era romantica degli artigiani della musica. La nostalgia è sua nemica o guarda avanti?
«Quando eravamo bambini noi sembravamo dei poveri deficienti se ci confrontiamo con quelli di oggi. Ora è cambiato tutto e noi della vecchia generazione dobbiamo inseguire una tecnologia che sorride ai giovani. Sto cercando di capire un mondo che cambia troppo velocemente, ma guardo serenamente avanti grazie al mio indimenticabile passato».