Il viaggio oscuro del nichilista della pittura
Un nero metafisico e assoluto fa affiorare l’oscurità più intima
Alla fondazione Leonesia, la personale del pittore rumeno Lucaci
Grumi materici, ombre arcane, alchimie che affiorano dalla carta. E un colore mistico, nichilista, ossessivo: il nero. Mentre si aggira tra i suoi quadri, l’uomo che è disceso negli Inferi e ha dipinto visioni contorte e profondissime infonde insospettabilmente un senso di pace, lontano dal conflitto che porta sulla tela: Petru Lucaci, tra i superstiti della generazione di pittori rumeni anni Ottanta, ha diffuso i suoi incubi nelle sale affrescate della fondazione Vittorio Leonesio, a Puegnago del Garda. Il titolo della sua mostra, Escaping our darkness — aperta sabato e domenica su prenotazione — è un epitaffio funebre.
«Per la mia prima personale in Italia — dice l’artista, venerato come un semi-dio nel suo Paese — ho portato i lavori degli ultimi 15 anni, scegliendo quelli più affini allo spazio. È tutto incentrato sulla mia ricerca sul nero». Lucaci è affondato nell’abisso del monocromatico: sono rarissime le sue concessioni a sfumature di grigio. Tra stesure anarchiche, virtuosismi astratti e masse di carbone, dal fondo bianco delle tele trapelano simboli esoterici, almeno nel suo personale linguaggio: corvi, gatti, impronte, carte da gioco, rose nerissime e scritte. È un nero interiore, spirituale, in cui Lucaci intravede accezioni «di carattere politico e sociale».
Il carbone, bruciato, è la materia con cui plasma l’ispirazione: «Lo usava anche Leonardo da Vinci. Sembra danzare sulla carta, ha una consistenza plastica. Mi piace perché è caldo, morbido, facilmente manipolabile, perfetto se si vuole incidere una visione. Muove le superfici, dà profondità. E, ovviamente, è nero». Ai suoi Noctumbre e Clarobscur, l’artista è arrivato dopo aver flirtato per anni con il colore e le sue espressività infinite: una lunga immersione nella joie de vivre prima di scendere negli Inferi.
In questo viaggio catartico Magda Carneci, che ha scritto il testo critico della mostra curata Renata Coltrini e Albano Morandi, intravede l’esplorazione del «vuoto cromatico» intrapresa da Pierre Soulage, Clyfford Still, Barnett Newman e Brice Marden, tutti artisti soggiogati «dal potere metafisico proprio di quel “misticismo del Nero” che ha caratterizzato la seconda metà del Ventesimo secolo — scrive —. Tuttavia, trattando del pittore rumeno, si ha qui a che fare con un ben più evidente processo materiale: l’abbandono alla tentazione, la decadenza all’inferno del suo stesso subconscio e la redenzione finale; tutto questo attraverso un viaggio tra le forme femminili, che porta l’artista a divenire “l’ombra rivelatrice” di un’alchimia totale, sia estetica che spirituale».
I collage di Lucaci, costruiti con brandelli di dipinti, illustrazioni e foto in bianco e nero, suggeriscono ossimori: attrazione e repulsione, espressionismo tetro ed edonismo. Immergersi nella sua visione poetica significa soprattutto lasciar affiorare le nostre ombre e le inquietudini. L’unico modo per uscire dall’oscurità.
Nichilista Nel nero intravedo significati religiosi e politici. Uso il carbone perché muove la tela, la fa danzare e infonde una dimensione plastica alle superfici