Doppia inchiesta per il neonato morto di Serratia
Al lavoro Procura e Ats per capire se vi sono state negligenze. L’Asst spiega le procedure
Sarà una doppia inchiesta, da un lato la Procura della Repubblica, che ha già mandato i Nas a prelevare le cartelle cliniche e che ha disposto per la prossima settimana l’autopsia, dall’altro la Regione con gli ispettori dell’Ats, a spiegare se il piccolo Paolo, bimbo nato da parto gemellare alla ventiduesima settimana e ucciso da uno shock settico provocato dal batterio della Serratia Marcescens, poteva essere salvato e se sono state messe in atto nel reparto di Neonatologia e Terapia intensiva neonatale del Civile tutte le procedure per limitare il contagio.
Saranno un’inchiesta della procura di Brescia e una «parallela» dell’Agenzia di tutela della Salute su incarico della Regione a far luce sulla morte del piccolo Paolo, nato prematuro e morto nel reparto di terapia intensiva neonatale dell’ospedale civile di Brescia dopo che due settimane di terapia antibiotica non sono bastate a tenere in vita il bimbo, morto il 6 agosto per shock settico. Il piccolo Paolo, venuto alla luce come il fratello gemello con una «prematurità estrema», intorno alla 22esima settimana di gestazione, non ha resistito all’attacco del Serratia Marcescens, batterio causa di una delle infezioni ospedaliere più diffuse. Sul corpo del neonato la Procura di Brescia (che indaga contro ignoti) ha disposto l’autopsia anche per cercare di dare risposte ai genitori del piccolo, una coppia bresciana che per realizzare il loro sogno avevano seguito un percorso di procreazione assistita. Inizialmente Paolo aveva manifestato una congiuntivite, ma il tampone oculare aveva svelato l’infezione: Serratia. Nessuna risposta alla terapia antibiotica ad ampio spettro, fino a l decesso, il primo per Serratia registrato al Civile.
Venerdì i carabinieri dei Nas hanno prelevato la cartella clinica e tutta la documentazione sanitaria che attesta i protocolli adottati. Tutto è iniziato il 20 luglio quando era stata accertata la malattia attraverso emocolture in due neonati – di cui uno il fratellino gemello di Paolo. Un altro bimbo presentava invece un’infezione urinaria. Febbre, difficoltà respiratorie, brividi i sintomi principali del contagio da Serratia, particolarmente difficile da identificare, ma che può portare a una serie di infezioni a carico del sistema respiratorio, dell’apparato cardiaco, oculare, dei tessuti molli e del tratto urinario, fino a otite, parotite e meningite. Il batterio è generalmente presente nel suolo, nelle acque di superficie o di scarico, sulle piante, negli animali, ma anche nell’uomo che può essere portatore sano. In letteratura si contano 200 casi di focolai da Serratia in reparti neonatali. Cateteri e strumenti per l’assistenza respiratoria, ma anche il contatto umano sono i vettori principali. L’esito positivo degli esami aveva subito fatto scattare la profilassi del caso. «Oltre alla terapia antibiotica, somministrata anche ad altri 7 piccoli, risultati colonizzati dal Serratia Marcescens – spiega il professor Gaetano Chirico, dirigente dell’unità di Neonatologie e terapia intensiva neonatale dell’Ospedale dei bambini – abbiamo rafforzato i livelli di prevenzione già elevati nel nostro reparto dove sono ricoverati bimbi già fragili per la loro condizione e con un sistema immunitario non ancora sviluppato». Il 20 luglio, subito dopo i primi riscontri, è stato informato il Comitato infezioni ospedaliere del pediatrico che, precisa una nota diffusa dalla direzione dell’ospedale, ha disposto la sistemazione in isolamento dei piccoli “colonizzati” in stanze dedicate con l’utilizzo di precauzioni particolari da contatto e strumenti dedicati in via esclusiva. Inoltre sia il personale che i genitori dei piccoli sono stati istruiti sulla corretta applicazione delle misure assistenziali. Il 24 luglio, visto il susseguirsi di nuovi casi (riscontrati fino al 6 agosto) si è deciso di bonificare una stanza per i nuovi ricoveri. Il 27 luglio il Comitato, in costante allerta, ha deciso la chiusura del reparto, tutt’ora in vigore, ai nuovi ingressi, appoggiandosi per le necessità alle terapie intensive neonatali di altri ospedali, in modo da liberare via via le stanze e procedere a ulteriori bonifiche. «Attualmente sei neonati positivi al Serratia sono ancora degenti (compreso il fratellino di Paolo) e dei restanti 27 risultati negativi allo screening 10 sono già stati dimessi», precisa ancora la nota della Direzione generale che esprime vicinanza ai genitori del piccolo. Alle condoglianze si associa anche l’assessore regionale al welfare, Giulio Gallera, che ha dato incarico di verificare tutte le misure, sia dal punto di vista amministrativo che sanitario per la sorveglianza e il contenimento del batterio killer.
L’ospedale Al momento i sei neonati positivi all’infezione sono ancora degenti Altri 27 piccoli sono risultati negativi allo screening e dieci di loro sono stati già dimessi