Corriere della Sera (Brescia)

VECCHIE TARGHE STRADALI SENZA NOTIZIE: ADOTTARLE PER RENDERLE «PARLANTI»

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Gentile Tedeschi, mi permetta di rivolgere un grazie all’esimio dott. Belli: ha posto l’accento su un argomento di interesse generale, ovvero i luoghi ed il design delle pensiline di attesa dei bus urbani, rimarcando­ne la mancanza in molti percorsi. Traggo spunto per un’altra sommessa riflession­e: una toponomast­ica cittadina che meglio preservi la memoria storica di personaggi illustri come patrimonio dell’intera collettivi­tà. Le vecchie targhe stradali marmoree li rievocano attraverso una sintesi che comprende nome, cognome, date, profession­e. Le attuali targhe metalliche hanno ridotte intitolazi­one grafiche — talvolta si limitano al cognome riportando solo la lettera iniziale del nome — e non aiutano la conoscenza ed il ricordo. È facile fare una ricerca se sei motivato, ma se manca l’impulso alla curiosità, inevitabil­mente, il disinteres­se prende il sopravvent­o. Si vanificano così l’intento celebrativ­o e la memoria di personaggi illustri legati alla storia locale e nazionale.

Adriana Pasini

Gentile Adriana, anch’io trovo che i segnali stradali siano spesso un’occasione sprecata per accendere curiosità e diffondere notizie sui personaggi commemorat­i. Uno dei libri più interessan­ti su Brescia è quella encicloped­ia a fascicoli che Franco Robecchi dedicò ai nomi delle vie di Brescia: una miniera di scoperte. Oggidì qualcuno proporrà di mettere dei codici a barre sulle targhe per fornire informazio­ni. Personalme­nte non ho mai visto una persona “leggere” questi codici su monumenti e siti turistici. Meglio sarebbe aggiungere una informazio­ne sintetica (lo spazio di un tweet) sulle targhe circa la persona ricordata. Già sento l’obiezione: rifare tutte le insegne stradali costerebbe troppo. Giusto. Ma, una volta stabilito un format, perché non chiedere a gruppi associati di “adottare” la nuova segnaletic­a? L’Aib per le targhe dedicate a industrial­i, l’Anpi e le Fiamme Verdi per i partigiani, le associazio­ni d’arma per i militari potrebbero mobilitare energie in questa direzione. Anche questo, in fondo, farebbe comunità.

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