Corriere della Sera (Brescia)

UN CENTRO CIVICO PER ELENA

- Di Romana Caruso

Ancora un diciotto agosto. Dodici anni fa moriva Elena Lonati, trucidata nella chiesa di Santa Maria a Mompiano. Lo scorso anno ilsorrisod­eibimbi, l’associazio­ne nata per ricordarla, ha chiesto al sindaco di dedicare un luogo a una ragazza innocente e devota. E la richiesta è divenuta realtà. Non appena sarà realizzato porterà il nome di Elena il centro civico di via Chiusure. Un posto frequentat­o dai grandi e dai bambini che lei, insieme ai più deboli, tanto amava. Un posto vivo. Un luogo destinato all’attività sociale e culturale. Un punto di ritrovo di gente comune, che crescendo aiuta a crescere la collettivi­tà. Un bel traguardo. Ci sarà una piccola festa, elegante e modesta come la sua famiglia, che ha preferito il silenzio al grido pubblico dell’immenso, indescrivi­bile dolore. E il suo ricordo, per anni affidato a una scritta coraggiosa sul sagrato, questa volta sarà per sempre. Un memento importante in un’epoca ancora alla ricerca del rispetto per l’identità della donna e in cui per la violenza di genere si continua a morire: lasciando questa terra o restando mutilate nel cuore. Un luogo profano, cui magari un giorno si assocerà un luogo, un momento, un ricordo sacro. Una giovane immolata mentre compiva un atto di devozione alla sua Santa, mentre accendeva una candela per chiedere aiuto, conforto, protezione. Una martire, diremmo con gergo antico. Mentre lei era giovane. E bella, dentro e fuori. Un esempio di coerenza e di quotidiana santità.

Brescia di certo è fiera di questo atto di giustizia. Ma la nostra città è troppo operosa per rendere tale risultato un epilogo, l’atto finale di una storia tragica. Piace pensare che questo sia un prologo. Solo la presentazi­one di una storia che vuole essere bella come lei. E come lei vivace e generosa. È il momento di iniziare a pensare a come rendere viva quella targa, e se sarà possibile, il centro civico, in suo nome. A come trasformar­e un epitaffio in uno slogan propositiv­o. A realizzare quello che stava compiendo lei quel tragico diciotto agosto: seguire il cuore, l’idea, l’ideale, l’afflato interiore che porta a gesti semplici e sublimi. Accendere una candela. Una luce per testimonia­re la fede. Per trascender­e. La materialit­à, la contingenz­a, la concretezz­a. Per guardare oltre. A un altro mondo e a un altro modo di vivere. Illuminand­o la banalità con la forza dell’amore. Quella forza ora tiene viva la sua famiglia. E la fa sentire sempre, e forse anche di più, viva in mezzo a noi. Questa forza illuminerà anche la strada che indica questa dedica. Forza Brescia, adesso tocca a noi.

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