Leggende punk alla festa della radio
Le leggende viventi del punk stasera a Radio Onda d’Urto «Noi, sopravvissuti a tutto»
Quando sul palco vomitavano musica punk a tutto volume alla fine degli anni ‘80, i Punkreas rappresentavano un pugno sullo stomaco ai più. Il punk aveva messo radici in Inghilterra già da parecchio tempo, ma in Italia arrivò anni dopo, in coda a generi più modaioli (pure oggi da noi funziona così, con il pop e il rap). Eppure i Punkreas godono di ottima salute grazie a oltre 25 anni di attività martellante, illuminata da numerosi album e centinaia di live. Stasera suoneranno sul palco principale alla festa di radio Onda d’Urto (inizio alle 22, ingresso 5 euro dalle 20) e saranno preceduti dalla band Gli Inutili. Il loro ultimo lavoro si intitola Inequilibrio, il primo di due ep (il secondo uscirà in autunno). Angelo «Cippa» alla voce, Paolo «Noise» alla chitarra, Andrea «Endriù» alla chitarra, Gabriele «Paletta» al basso e Paolo «Gagno» alla batteria non sono i cugini stretti delle Tartarughe Ninja, bensì la piùlongeva punk-rock band italiana. Chiediamo a Paolo di parlarci dell’ultimo lavoro che tratta argomenti attuali spinosi. «C’è un brano — spiega— che tratta lo Ius Soli, ed è una denuncia contro questo Governo che sta facendo danni attraverso la circolazione di idee razziste e fasciste, diffondendo la cultura dell’odio».
Nel video della canzone si vedono in primo piano le facce multirazziali di molti bambini.
«Vogliamo dare un segnale chiaro e inequivocabile. D’altronde è risaputo che oggi più che mai i bambini di ogni nazionalità giocano insieme, condividono i compiti nelle stesse classi senza far pesare nessuna differenza. Per loro è normale crescere insieme o andare a scuola mano per mano, quindi sono gli adulti che seminano odio e razzismo. Credo che la Lega stia soffiando sul fuoco con i suoi cattivi esempi che rischiano di creare danni permanenti, un po’ come l’erba cattiva che si diffonde velocemente».
La festa di Radio Onda d’Urto per voi è un appuntamento che si rinnova spesso.
«Non vogliamo offendere nessuno, ma posso dire che questo sia in assoluto il posto più bello per suonare un concerto potente di fronte a migliaia di persone. E difatti i migliori live della nostra carriera li abbiamo eseguiti proprio qui. Siamo da sempre in profonda sintonia con gli organizzatori, ormai nostri amici, con i quali abbiamo condiviso diverse battaglie».
Oggi ha senso parlare ancora di musica punk in mezzo a uno scenario artistico del genere?
«Direi di si. Non abbiamo mai avuto problemi se c’era da duettare con altri gruppi o cantanti, magari artisticamente diversi da noi, ma capaci di condividere progetti simili. Tuttavia di questi tempi in troppi creano musica a tavolino per seguire le tendenze del momento. Noi non lo abbiamo mai fatto: iniziammo quando il punk in Italia non se lo filava nessuno, poi negli anni ‘90 ci accusavano di suonare musica punk per moda».
Chi vi segue dal vivo? «Davanti ci sono le ultime generazioni che pogano, poi leggermente dietro, i giovani che ballano ma non rischiano più di tanto l’incolumità; infine, dietro in trincea, ecco quelli della nostra generazione che ci seguivano agli esordi, e sono i genitori dei ragazzi delle prime file».
Afflato politico
L’ultimo album denuncia questo Governo che sta facendo danni attraverso la circolazione di idee razziste, diffondendo la cultura dell’odio