Corriere della Sera (Brescia)

MARCIAPIED­I BRESCIANI TECNOLOGIA E CURA PER UNA CITTÀ PIACEVOLE

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Caro Tedeschi,si mettono e si tolgono sampietrin­i e anche si litiga, non sapendo come pavimentar­e strade e marciapied­i, soprattutt­o in aree centrostor­iche. Perché non visitare Verona, Milano, Pisa, ecc. per verificare che ci sono soluzioni diverse dal porfido, ugualmente belle ma più robuste e adatte all’antico, oltre che resistenti al passaggio dei bus? Si vedrà anche quanto sia importante la pavimentaz­ione dei marciapied­i (più che delle strade) e quante ottime soluzioni offre la produzione, anche in versioni semipermea­bili, idonee in caso di piogge eccessive (antiallaga­mento). La pavimentaz­ione della città è un elemento di grande rilevanza. Si possono utilizzare materiali fotocatali­tici, ottimi in funzione anti inquinamen­to, materiali diversi che identifica­no zone e quartieri diversi, dando a ciascuno una sua identità; materiali idonei per accompagna­re palazzi antichi e vecchie piazze. Tutto può essere usato per evitare l’orrido asfalto, caldo e catramoso, che tutto copre e annulla.

Sandro Belli

Caro Belli, concordo con lei anzitutto per l’enunciazio­ne di fondo: la buona pavimentaz­ione dei marciapied­i è fondamenta­le nella percezione di una città. In questo senso, ad esempio, ampi pezzi di corso Zanardelli (pedonalizz­ato) sono da migliorare, mentre ci sono vie che rappresent­ano un piacere puro per chi “ascolti” i propri piedi. Personalme­nte metto quelli di via Carlo Cattaneo, ad esempio, in cima alla classifica dei marciapied­i meglio calpestabi­li. Credo poi che il ricorso a soluzioni tecnologic­he evolute, a materiali innovativi, a scelte ad elevata prestazion­e ambientale sia la nuova frontiera della manutenzio­ne urbana. Per stare agli spazi chiusi, consiglio di visitare la mostra in corso al Musa di Salò per capire di cosa siano capaci i nuovi materiali. Infine lei fa bene a sottolinea­re il tema della “permeabili­tà”: in una recente visita a Copenaghen ho scoperto che pavimentaz­ione e arredi urbani là sono ormai studiati in funzione di possibili “bombe d’acqua”. I cambiament­i climatici esigono anche da noi questa (costosa) cautela.

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