Corriere della Sera (Brescia)

Le malghe rinate

Aumentano gli addetti, si ringiovani­sce il mondo degli allevatori e cresce la presenza femminile

- Di Gianluigi Goi

«Il turismo approfitta dei bei pascoli, della cura del paesaggio da parte degli alpigiani e delle mucche al pascolo. … Tutte le persone con cui ho parlato dicono che la stagione degli alpeggi inizia una settimana prima, che la crescita dell’erba è aumentata e la vegetazion­e si sviluppa più velocement­e. Elementi che si ripercuoto­no positivame­nte sulla produzione. Ma anche i cespugli e gli alberi crescono più velocement­e: un fattore meno positivo». Sono parole di Felix Herzog, svizzero, agronomo ecologo e paesaggist­a agricolo di fama, ricercator­e sul campo del progetto Alpfuturli­nk.

Con queste affermazio­ni si possono riassumere i pro e i contro della situazione degli alpeggi in Lombardia descritti in una relazione di Regione ed Ersaf (il braccio operativo della Regione per il comparto agro-forestale) da pochissimo pubblicata. Premessa: per alpeggio si intende l’insieme delle attività agricole svolte in montagna; per malga l’insieme organico e funzionale di terreni (pascoli, boschi, incolti) fabbricati e infrastrut­ture in genere. Il patrimonio silvopasto­rale di Regione Lombardia in capo ad Ersaf comprende 35 malghe per una superficie complessiv­a di 3.668 ettari inserite in 15 foreste. In provincia di Brescia quattro le foreste regionali interessat­e dagli alpeggi: Val Grigna, Vaia, Gardesana e Legnoli.

Delle 35 malghe ben 20 sono bresciane. Nell’insieme costituisc­ono un asset economico e sociale importante. La conferma dai dati: complessiv­amente nel 2017 (la stagione va dal 15 giugno al 15 settembre) tutte le malghe sono state regolarmen­te monticate e il numero delle aziende che hanno conferito il bestiame per l’alpeggio sono passate da 86 del 2016 a 112 del 2017. In provincia di Brescia i carichi maggiori si sono avuti nelle malghe che accolgono quote significat­ive di bestiame asciutto (Vaia, Poffe, Rosello Val di Frà, Cappello) o con netta prevalenza di ovini (Stabil Fiorito, Cigoleto, Casinetto, Rosellino, Vesta di Cima).

Confortant­i i numeri del personale di malga in quanto evidenzian­o un certo qual ritorno dei giovani e una ben visibile presenza femminile. Complessiv­amente — anno 2017 — 73 unità di cui 43 a tempo pieno e 30 a tempo parziale: 47 maschi, 23 femmine, 3 stranieri. Da considerar­e inoltre la presenza complessiv­a di 13 minori (9 maschi e 4 femmine). Confortant­e la suddivisio­ne per classi di età che evidenzia uno svecchiame­nto degli addetti: 16 unità da 16 a 29 anni; 14 per la classe da 30 a 40; solo 6 unità oltre i 60 anni.

Per quanto concerne il bestiame (cresciuto rispetto al 2016) i bovini sono stati 1.113 (325 vacche), gli ovini 5.357 (contro 4.808), i caprini 990 (erano 1.226). La Bruna Italiana (613 capi) per i bovini e la Orobica (609 capi), fra gli ovini, sono le due razze che primeggian­o numericame­nte. Non male la presenza — 146 capi — della Bionda dell’Adamello, l’iconica capra autoctona dell’Alta Valcamonic­a sulla via del definitivo salvataggi­o. Infine le produzioni di burro e formaggi: complessiv­i 13.478 kg di formaggi tra stagionato (8.540 kg), 3.368 kg di formaggell­e e 1.570 kg di fresco; la ricotta ha toccato quota 1.145 kg e il burro 1.338.

Ciliegina sulla torta: Ersaf ha ufficializ­zato il riconoscim­ento di «Prodotto di Montagna» a “Alpe Casinetto di Cigoleto” (concession­ario Dario Persico), comune di Bovegno, per formaggi, yogurt e insaccati e “Alpe Prato della Noce” e “Campei de Sima” (concession­ario Fabio Ermes Baldassari), comune di Vobarno, per formaggi e insaccati. Sono attestate non solo le caratteris­tiche qualitativ­e ma anche, aspetto molto importante per il consumator­e, la provenienz­a «montagnina» certa.

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