Pasini: «Nessuna bugia, ho detto ciò che ricordo»
Nessuna modifica di versione dopo i riscontri. Il difensore valuta il ricorso al Riesame
I riscontri lo hanno «sbugiardato», ma Fabrizio Pasini continua a ripetere la sua versione («è caduta dalle scale mentre litigavamo») e a ribadire che non voleva uccidere Manuela Bailo, la 35enne con cui aveva una relazione da diverso tempo. In carcere con l’accusa di omicidio sostiene di aver raccontato ciò che ricorda di quella notte, ma l’autopsia ha stabilito una verità diversa: Manuela è stata sgozzata.
I riscontri tecnico-scientifici dei carabinieri l’hanno già bollato come «poco attendibile». Il lavoro degli investigatori in tuta bianca ha fornito una ricostruzione degli ultimi istanti di vita di Manuela Bailo completamente diversa da quella narrata da Fabrizio Pasini. Ma lui, in cella dal 20 agosto per l’omicidio volontario della giovane collega di lavoro con cui aveva una relazione amorosa, non cambia di una virgola il suo racconto. «Quello che ho raccontato è tutto quello che ricordo di quella notte». Lo ha ribadito anche ieri al suo legale, l’avvocato Pietro Paolo Pettenadu che gli ha fatto visita in carcere in attesa di decidere se ricorrere o meno al tribunale del Riesame (il termine scade fra una settimana, il 10 settembre). Pasini insiste: «Ho detto quello che ricordo, non mi sono inventato nulla». Il 47enne, arrestato per l’omicidio volontario dell’amante 35enne, racconta di aver litigato con Manuela la notte tra il 28 e il 29 luglio, mentre si trovavano nell’abitazione di sua madre (era in vacanza, quindi l’appartamento a Ospitaletto era libero e sufficientemente lontano dalla casa dove vivono la moglie e i due figli di Pasini). La lite, sempre secondo il racconto dell’omicida dopo le quattro del mattino, quando erano rientrati a casa dopo un passaggio al pronto soccorso perché Pasini, cadendo in casa, si era procurato un trauma alla cassa toracica. Fin qui il racconto dell’omicida è confermato dalle immagini riprese dalle telecamere della videosorveglianza di un vicino di casa. Sono le 3 e 57 quando Manuela appare nell’inquadratura della telecamera, Fabrizio la raggiunge poco dopo e insieme si avviano verso casa. Il clima tra i due pare sereno.
Da qui in poi il racconto di Pasini si discosta completamente da quanto riscontrato sul luogo del delitto. «Abbiamo litigato, l’ho spinta e lei è caduta dalla scala. Non rispondeva, ha perso molto sangue». Pasini racconta che a quel punto ha perso il controllo e, non sapendo più come comportarsi, ha trascinato il corpo della ragazza in cantina e poi dopo aver ripulito la scala e aver gettato la maglietta che indossava, esce di casa e torna dalla moglie. Sono le 6.15, Manuela è già morta. Dalle immagini Pasini appare tranquillo, non agitato e in preda al panico come racconta. Gli esperti della scientifica non trovano sangue sulla
scala, ma al contrario il bagno di servizio della cantina si illumina come un albero di Natale quando i carabinieri della scientifica usano il Luminol. E la lesione alla base cranica non è la causa della morte, ma Manuela è morta per il taglio profondo alla gola.
Nelle ore successive manda messaggi dal cellulare della vittima per tranquillizzare l’ex fidanzato, i familiari e i colleghi di lavoro. Poi il cellulare viene spento, i familiari denunciano la scomparsa di Manuela e cominciano i lunghi giorni di angosciosa attesa. Pasini, fingendosi preoccupato, chiede pure notizie della ragazza. Prendendo tempo elabora il piano per disfarsi del cadavere. Alle 11.05 di lunedì 30 carica il corpo di Manuela nell’auto della moglie e lo nasconde nella cascina abbandonata di Azzanello: lo getta in una vasca dei liquami e lo copre con alcune sterpaglie. Conosce il posto perché va ad allenarsi a soft air con alcuni amici. Il 2 agosto Pasini parte per la Sardegna con la moglie e i figli. Per tutto il periodo è tenuto costantemente sotto controllo, quando torna i carabinieri lo aspettano fuori casa, lo portano in caserma e sigillano tutto. Anche la moglie e i figli non possono rientrare in casa. Dopo alcune ore l’uomo crolla e ammette l’omicidio. Ma ribadisce più volte «L’ho spinta, è caduta dalle scale e ha battuto la testa. Non volevo ucciderla». Un racconto che non torna con il taglio profondo che ha reciso di netto la carotide e con tutto il sangue ripulito dal bagno di servizio. Ma nonostante le evidenze e le contestazioni Pasini non varia di una virgola il suo racconto. «Ricordo questo di quella notte. Io non volevo ucciderla».