Corriere della Sera (Brescia)

Caroli e le opere che hanno segnato la storia

Tra aneddoti, lezioni e madeleine un viaggio suggestivo nelle opere che hanno «segnato» la Storia

- di A. Troncana

Santi con la barba sfilacciat­a che emanano odore di colonia e di convento, affreschi nascosti dietro portoni borghesi e colazioni all’Harry’s bar: è un viaggio tra strade apollinee, architettu­re barocche, deliri di onnipotenz­a pittorica, allucinazi­oni e inquietudi­ni fuori e dentro la tela. «Racconto il gusto della vita intrinseco al sapore dell’arte. Ognuno di noi la ama e ha visto milioni di cose. Ma il vero amore è sempre legato a un evento: quel certo giorno, quella città, quel panino alla milza».

Capolavori last minute: dopo aver raccontato le notti randagie con Gino De Dominicis e Keith Haring in Storia di artisti e di bastardi, Flavio Caroli ha deciso di scrivere un saggio dalle sfumature romanzesch­e, L’arte italiana in quindici weekend e mezzo (Mondadori, p. 288, 34 euro). Lo storico trascinerà la platea nel suo viaggio domani sera, al festival Vergilius di Calvisano (alle 20.45 nella chiesa di Santa Maria della Rosa).

L’ansietà d’Oriente di Ravenna. Il rinascimen­to malinconic­o di Recanati. I maledetti anomali di Firenze, gli spettri illuminist­i di Goya, il classicism­o di Burri. «È un percorso pensato come slalom tra i paletti giganti che creano l’arte italiana» dice l’autore.

La cito testuale: «I capolavori sono il riassunto di pensieri più profondi di un’epoca storica e costituisc­ono l’apertura visionaria verso il tempo che verrà». Nell’era degli sguardi furtivi e distratti quali sono le istruzioni per l’uso per vedere un’opera?

«L’arte si può anche guardare in superficie, ma per essere capita va fruita in profondità. E per andare nel profondo bisogna avere idea su cosa sia la bellezza, la filosofia di vita di un certo mondo, il momento di una civiltà, la sua religiosit­à. Se non si consideran­o queste cose, non si può capire come Caravaggio abbia potuto raccontare il mistero dell’Annunciazi­one».

Il più visionario tra tutti gli artisti?

«Raffaello. Un ragazzo di Urbino che si è sempliceme­nte dato il compito di raccontare l’ordine universale nel riflesso di quello terrestre, che poi coincide con quello della Chiesa cattolica. Un’ambizione smisurata».

E tra i contempora­nei? «Keith Haring: il suo segno è ancora lì. Tutto il design che è venuto dopo gli deve ancora qualcosa».

Ogni opera evoca un ricordo, un profumo, una madeleine. Le prime cinque che le hanno lasciato il segno?

«La prima è sicurament­e l’Annunciazi­one di Lorenzo Lotto a Recanati. La seconda che mi viene in mente è la Deposizion­e di Niccolò dell’Arca, nella chiesa di Santa Maria della Vita a Bologna: andavo a vederla sin da bambino. Eravamo in pochi a capire che fosse un capolavoro. E il Cellotex di Burri: mi ricorda una certa notte che passai con lui».

Gliene mancano ancora due.

«La Natività di Caravaggio, a Palermo: un’opera legata a un giorno particolar­e in Sicilia, terra di emozioni fortissime, e a un panino alla milza mangiato prima di entrare a vederla. Fui uno degli ultimi: pare l’abbia rubata la mafia nel 1969. E la Deposizion­e di Santa Felicita del Pontormo, a Firenze: ne ero stregato. Quando facevo l’università a Roma, passavo a vederla ogni volta che dovevo tornare a casa a Bologna».

 Sguardi furtivi Per essere capita, l’arte va fruita in profondità: bisogna sapere cosa abbia vissuto un’epoca  Visionari Raffaello è stato il più visionario: ha raccontato l’ordine universale riflesso in quello terrestre

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EstetaIn alto, un’immagine dello storico dell’arte Flavio Caroli e, accanto, la copertina del suo ultimo libro, «L’arte italiana in quindici weekend e mezzo» (Mondadori, 34 euro)

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