IMMIGRATI LA STRADA GIUSTA
Basta. Per rinascere, bisogna dire basta e tracciare una linea. Sotto quella linea non si può andare. Scendere ancora vuole dire smarrirsi o andare a sbattere. Sopra si può invece tracciare l'idea di un progetto, di un percorso che supera il rancore, la paura, lo scontro. Il tema, non il solo, ma il più facile da argomentare, il più diffuso dalla gestione governativa, il più frequentato dall’ansia dei social, è quello dell’immigrazione. Che è un vero e proprio soggetto della nuova democrazia. Lo è e lo sarà. Anche contro la nostra volontà, il fenomeno accompagnerà la nostra vita e, molto di più, quella dei nostri figli. I nipoti probabilmente con l’immigrazione saranno già intrecciati. Avranno parole altre, sfide diverse da affrontare. Ma intanto tocca a noi una convivenza che per Brescia è ad uno stadio maturo, diffuso in tutta la provincia, affrontato con la parola della solidarietà, che non c’entra nulla con buonismo, con un vago sentimentalismo, ma è valore centrale del modello della nuova democrazia. Sì, la integrazione è la sfida della vita democratica. Che sopravviverà se risolverà il fenomeno immigratorio con il senso della responsabilità sociale decentrata e insieme partecipata. Per questo occorre pensare un modello di integrazione dentro cui collocare quotidianamente la soluzione dei problemi che vi sono inerenti. E per cominciare bisogna guardare il fenomeno con l’occhio della realtà e non quello della narrazione, dei tweet, delle invenzioni, delle fantasie, delle impressioni.
Occorrerebbe cominciare con censire in ogni comune l’apporto delle badanti alla gestione dei nostri vecchi e chiederci che succederebbe se una mattina le rispedissimo tutte al loro paese. E analogo gioco di ipotesi pensiamolo per quanti lavorano nelle nostre fabbriche e soprattutto nella nostra agricoltura. Non c’è una sola stalla dove a mungere non ci sia un sik. Un sondaggio della associazione industriale bresciana segnale che il 53% delle imprese associate ha alle proprie dipendenze lavoratori extracomunitari e solo l’1% si dice insoddisfatta. Bastano questi dati per cominciare a costruire un modello di confronto, di apertura e partecipazione. Ci si provi, ci si lavori con la convinzione che è la strada giusta.