Corriere della Sera (Brescia)

Branduardi L’ultimo «eroe» del cantautora­to

Branduardi a Calvisano per un concerto ispirato alla natura e al paesaggio

- Di Andrea Croxatto a pagina

Quando arriva un grande artista come Angelo Branduardi, non si sa da dove iniziare. Ha dedicato la sua vita a comporre musica popolare e colta, a cercare l’ispirazion­e tra leggende e poesie antiche, a studiare la letteratur­a classica con straordina­ria passione, trasforman­do il tutto in magia musicale. Il cantautore, violinista e chitarrist­a Branduardi (originario di Cuggiono, classe 1950) ha ricercato con successo un nuovo genere che potesse coniugare la musica medievale e rinascimen­tale con il folk tradiziona­le celtico e nord-europeo. Domani si esibirà accompagna­to dalla sua band nel cortile di Palazzo Lechi, a Calvisano, per la seconda edizione del festival Vergilius (inizio spettacolo alle 21, in caso di pioggia il concerto si terrà presso lo stadio San Michele; entrata da 5 a 22 euro). Per celebrare l’inizio lavori delle infrastrut­ture per il servizio idrico integrato di Calvisano, ecco quindi l’idea di chiamare Branduardi durante il tour Camminando Camminando, per un live concentrat­o sui temi del ciclo della natura che, tra l’altro, si ritrovano in diversi brani classici del suo repertorio. Gli abbiamo chiesto se oggi è seguito solo dai suoi coetanei o se il ricambio generazion­ale gli ha allungato la vita. «In Italia ricevo ovunque un grandissim­o affetto e, fortunatam­ente, ai concerti si accodano anche numerosi giovani, grazie ai quali mi esibisco da 40 anni. Anzi, posso dire con orgoglio che sono tra i pochissimi cantautori italiani a non aver mai ricevuto un solo insulto su Facebook. Anche all’estero mi vogliono bene, soprattutt­o in Germania, dove la gente di ogni età frequenta i teatri».

Durante un concerto bresciano aveva detto che si era rotto le scatole di sentirsi definire «menestrell­o».

«Confermo. Tuttavia oggi mi sono ricreduto grazie a una frase letta da qualche par- te, che mi colpì molto: io sempre vado per paesi e città, e ora che sono giunto fino a qui, lasciate che prima di partire, canti. Forse la parola menestrell­o credo sia la più indicata, anche perché — una volta scomparso il grande De Andrè —, sono rimasto l’unico superstite a indossare le vesti di cantastori­e popolare italiano».

Tra la sua vastissima discografi­a, spicca L’infinitame­nte Piccolo, album dedicato a San Francesco d’Assisi in occasione del Giubileo del 2000. A Calvisano cosa proporrà in scaletta?

«Se vuole sapere se ci saranno parte delle canzoni di quel fortunato disco, rispondo di si. D’altronde si parla di un grande uomo, San Francesco, per farlo rivivere in ognuno di noi. La sua vita ci fa riflettere sulle tematiche più attuali: la pace, l’ecologia, la speranza, la fede, la solidariet­à. Naturalmen­te non mancherann­o i grandi classici e pezzi meno conosciuti. Ogni canzone ha una sua storia precisa ed è bello tirare fuori dal cilindro pezzi che vengono ascoltati in un clima di forte emotività, che io percepisco».

La maggioranz­a della gente identifica Angelo Branduardi con l’immortale brano La Fiera dell’Est. Non le sembra troppo riduttivo? Citiamo, solo per fare un esempio, il suo ampio progetto discografi­co di Futuro Antico.

«Non potrei tradire una canzone del genere che il pubblico tramanda da intere generazion­i. Non proporre i grandi classici significhe­rebbe deludere la platea, tuttavia chi mi ascolta da una vita conosce anche il repertorio particolar­e che, tra l’altro, mi ha regalato visibilità all’estero. In verità sono destinato a passare metà esistenza a scrivere canzoni per cantarle e, nell’altra metà, ad accordare chitarra e violino».

 Sopravviss­uto Morto De André sono rimasto l’unico a indossare le vesti di cantastori­e popolare italiano

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