Branduardi L’ultimo «eroe» del cantautorato
Branduardi a Calvisano per un concerto ispirato alla natura e al paesaggio
Quando arriva un grande artista come Angelo Branduardi, non si sa da dove iniziare. Ha dedicato la sua vita a comporre musica popolare e colta, a cercare l’ispirazione tra leggende e poesie antiche, a studiare la letteratura classica con straordinaria passione, trasformando il tutto in magia musicale. Il cantautore, violinista e chitarrista Branduardi (originario di Cuggiono, classe 1950) ha ricercato con successo un nuovo genere che potesse coniugare la musica medievale e rinascimentale con il folk tradizionale celtico e nord-europeo. Domani si esibirà accompagnato dalla sua band nel cortile di Palazzo Lechi, a Calvisano, per la seconda edizione del festival Vergilius (inizio spettacolo alle 21, in caso di pioggia il concerto si terrà presso lo stadio San Michele; entrata da 5 a 22 euro). Per celebrare l’inizio lavori delle infrastrutture per il servizio idrico integrato di Calvisano, ecco quindi l’idea di chiamare Branduardi durante il tour Camminando Camminando, per un live concentrato sui temi del ciclo della natura che, tra l’altro, si ritrovano in diversi brani classici del suo repertorio. Gli abbiamo chiesto se oggi è seguito solo dai suoi coetanei o se il ricambio generazionale gli ha allungato la vita. «In Italia ricevo ovunque un grandissimo affetto e, fortunatamente, ai concerti si accodano anche numerosi giovani, grazie ai quali mi esibisco da 40 anni. Anzi, posso dire con orgoglio che sono tra i pochissimi cantautori italiani a non aver mai ricevuto un solo insulto su Facebook. Anche all’estero mi vogliono bene, soprattutto in Germania, dove la gente di ogni età frequenta i teatri».
Durante un concerto bresciano aveva detto che si era rotto le scatole di sentirsi definire «menestrello».
«Confermo. Tuttavia oggi mi sono ricreduto grazie a una frase letta da qualche par- te, che mi colpì molto: io sempre vado per paesi e città, e ora che sono giunto fino a qui, lasciate che prima di partire, canti. Forse la parola menestrello credo sia la più indicata, anche perché — una volta scomparso il grande De Andrè —, sono rimasto l’unico superstite a indossare le vesti di cantastorie popolare italiano».
Tra la sua vastissima discografia, spicca L’infinitamente Piccolo, album dedicato a San Francesco d’Assisi in occasione del Giubileo del 2000. A Calvisano cosa proporrà in scaletta?
«Se vuole sapere se ci saranno parte delle canzoni di quel fortunato disco, rispondo di si. D’altronde si parla di un grande uomo, San Francesco, per farlo rivivere in ognuno di noi. La sua vita ci fa riflettere sulle tematiche più attuali: la pace, l’ecologia, la speranza, la fede, la solidarietà. Naturalmente non mancheranno i grandi classici e pezzi meno conosciuti. Ogni canzone ha una sua storia precisa ed è bello tirare fuori dal cilindro pezzi che vengono ascoltati in un clima di forte emotività, che io percepisco».
La maggioranza della gente identifica Angelo Branduardi con l’immortale brano La Fiera dell’Est. Non le sembra troppo riduttivo? Citiamo, solo per fare un esempio, il suo ampio progetto discografico di Futuro Antico.
«Non potrei tradire una canzone del genere che il pubblico tramanda da intere generazioni. Non proporre i grandi classici significherebbe deludere la platea, tuttavia chi mi ascolta da una vita conosce anche il repertorio particolare che, tra l’altro, mi ha regalato visibilità all’estero. In verità sono destinato a passare metà esistenza a scrivere canzoni per cantarle e, nell’altra metà, ad accordare chitarra e violino».
Sopravvissuto Morto De André sono rimasto l’unico a indossare le vesti di cantastorie popolare italiano