Il trentennale del Museo delle armi
Il Museo delle armi, con 1096 pezzi donati al Comune dall’imprenditore, venne inaugurato il 15 settembre 1988 dal sindaco di allora Pietro Padula
Èin arrivo un vortice di iniziative in Castello per ricordare i 30 anni dall’apertura del museo delle armi intitolato a Luigi Marzoli. Era il 15 settembre del 1988, il giorno dell’inaugurazione. Un giovedì. Pietro Padula, sindaco del tempo, disse: «In queste stanze si specchia soprattutto la storia del lavoro bresciano, visto nella sua espressione più famosa nei secoli». E ancora: «Qui l’artigianato tocca i confini dell’arte, e ciò che sembra appartenere solo all’economia diventa pagina aperta per la storia della cultura». Parole da riconsiderare, ora che si annuncia un convegno di gran richiamo — forse novembre — per festeggiare i 30 anni di un museo importante per la città.
Convegno che sarà occasione per riaccendere l’attenzione sulla Brescia da sempre produttrice di armi. E quindi arrivare, quanto prima, a creare una rete, le cui maglie potrebebro comprendere le miniere dismesse (con i loro piccoli musei) o la collezione privata Beretta. E ancora: il Banco di prova ed il poligono, i forni fusori e le antiche officine. Intuibili i benefici che deriverebbero dall’offrire ai visitatori un circuito che preveda visite, mostre, proiezioni dove i nostri avi faticarono.
Torniamo al convegno. Avremo per relatori esperti italiani e di New York, Ginevra, Londra e San Pietroburgo. A ciascuno un tema per arrivare a conoscere i segreti delle armi e delle armature e cosa ci sia dietro un lavoro di precisione. Altri temi: l’importanza della collezione Marzoli a proposito delle guarnizioni o delle bocche da fuoco; la dinastia dei Cominazzi e la produzione delle canne per armi da fuoco portatili . Saranno illustrate le lame di Caino e Nave, e le lame del ‘7-’800. E ancora: le canne da fucile, eccellenza di Gardone Valtrompia, prima della crisi con Venezia che portò al commercio illegale.
Altri temi previsti: l’armatura lombarda e le celate nel 1400, la produzione dei corsetti,antiche corazze per combattenti. E ancora: le miniere e ferriere, e poi le tecniche decorative delle armi.
Brescia non può rinnegare le sue armi. Le ha nel Dna. Un tempo, davanti a un tizio armato fino ai denti si diceva: «Gha töta Bressa adòs». Espressione dialettale che la dice lunga. Arma: la parola è brutta, evoca la morte. Ma — non nascondiamoci — da noi ha portato anche pane. Brescia comunque detiene un primato anche per le repliche di armi storiche, le armi a salve per spettacolo, ha conosciuto nel tempo tanti marchi scomparsi ed il lavoro degli incisori, artisti della bascula.
Già nel 1916 Brescia reclamava l’istituzione di un museo delle armi. E subito l’idea fu accolta dal sindaco Dominatore Mainetti e dal senatore Ugo da Como. Trovò però l’opposizione dei militari. Si riprese a parlarne nel 1965 dopo la morte di Luigi Marzoli di Palazzolo che aveva lasciato alla città — con lo zampino di Boni — 1096 pezzi della sua collezione di armi antiche. L’industriale aveva iniziato a comprarle, da giovane, a Manchester. Prima della donazione, nel 1954, una mostra di quelle armi era stata organizzata nel Piccolo miglio. Molti visitatori. Unico neo: alcune armi risultarono false. Un colpo gobbo per Brescia, una beffa che venne cantata amche in dialetto. Enrico Dalla Vecchia rise di chi aveva creduto che «ön bocàl dè fer smaltàt» fosse «ön cimiero di Bruto o Collatino». Passata la buriana un’altra mostra piacevolissima venne organizzata nel 1969 in Vanvitelliano.
Intanto si pensava ad un museo. Era il 1972 e venne scelto Carlo Scarpa come progettista. Il mastio visconteo parve il luogo ideale ma sorsero subito problemi: l’edificio era stato impostato sul podio di un tempio. Alla morte di Scarpa nel 1978 Francesco Rovetta e Guido Rudi andarono avanti rivedendo i disegni originali. Finalmente l’inaugurazione: 15 settembre 1988. Oggi è un fiore all’occhiello per la città. I tesori sono esposti in 8 sale che però hanno bisogno di una rinfrescata, e revisione dell’impianto luce. D’ora in poi non dovrà essere semplice contenitore di una collezione da guardare in fretta. Bisognerà viverlo. In più d’una capitale non si guarda solo una raccolta: Si recita, si canta, si discute, si fa musica anche attorno a una sola opera d’arte . E la gente ci va.
Celebrazioni In arrivo un convegno a novembre promosso dalla Fondazione Brescia Musei
Itinerario Fra le ipotesi una rete tematica dai forni fusori alle botteghe di incisione, alla collezione Beretta
La polemica In una mostra del 1954 alcuni pezzi risultarono falsi: la fama nazionale crebbe enormemente