Corriere della Sera (Brescia)

Accardi, storia di una ribelle della pittura

- Alessandra Troncana

Èsempre rimasta la ragazza ostinata e anticonfor­mista di una foto di Ugo Mulas, rannicchia­ta sul parquet del suo studio con un maglioncin­o di cachemire addosso e un pennello che disegna la sua «cifra nel tappeto». Carla Accardi (1924-2014) ha denudato la pittura, infranto le regole, rovesciato la tela e oltraggiat­o la cornice facendo arrabbiare — lei e gli altri ribelli di Forma 1, il «gruppo degli scarabocch­i» (cit) scomunicat­o da Togliatti — l’Italia imbolsita delle nature morte appese dietro ai divani.

I suoi arabeschi fluo che fuggono da una tela all’altra, gli Armadi inutili, i cilindri luminosi e i segni indomabili sono in mostra da Massimo Minini, in città (un’esposizion­e-dittico che lambisce anche le stanze asettiche della galleria di sua figlia Alessandra, a Milano). Ossessiona­ta dalla trasparenz­a, la signora dell’astrattism­o detestava che la chiamasser­o pittrice: «Ero certa di voler fare qualcosa di diverso da ciò che facevano le “donne artiste” — ha detto con il solito garbo —. Per me queste ultime erano soprattutt­o delle pittrici, delle signore che si dilettavan­o. Mi volevo allontanar­e il più possibile da quell’immagine. Mi facevo chiamare “artista” e non “pittrice». Accardi non ascoltava mai la musica men- tre dipingeva, «me la faccio da sola». E nel suo studio-salotto di Roma creava le note secche, essenziali, del segno arcaico, alla perenne ricerca della trasparenz­a. Nella mostra, allestita con l’aiuto dell’artista Francesco Impellizze­ri, per anni l’ombra di Carla, c’è tutta la sua rivoluzion­e: le gouaches colorate degli anni Sessanta, i sicofoil verniciati per cui aveva una venerazion­e, le grandi tele imbevute di verde, i dittici, le tende dipinte esposte a New York nel 2010 e le lampade da terra. Una danza di segni, anse e spire non-alfabetici, prolissi, eversivi, che evadono dai confini canonici e fluttuano in due dimensioni. E un cromatismo sfrontato, arrivato dopo il flirt con il bianco e il nero, e attraverso il quale l’artista cercava di infondere uno stimolo al suo pubblico. Piccola, elegante, garbata ma ostinata, Accardi aveva la capacità di captare nuove idee nell’aria, e di tra- durle sulla tela e su plastica trasparent­e: «È stata una pittrice ferma e una persona gentile, ma non timida — scrive Massimo Minini, che l’ha frequentat­a per tanto tempo —. Ha difeso le proprie posizioni, ha lasciato Trapani (dov’era nata, ndr) per Roma avendo capito che nella capitale il suo lavoro avrebbe potuto sviluppars­i molto meglio. Ha tenuto alto fino alla fine il livello della sua bellissima pittura, riuscendo sul filo del traguardo a superare i suoi compagni del gruppo Forma (...). Carla è la regina dell’arte italiana». Il suo segno — nato dopo un periodo di crisi, quando ha cominciato a disegnare per terra — è diventato il simbolo di un’epoca e di una rivoluzion­e artistica. E la sua pittura è sempre stata ispirata dall’antipittur­a: uno sfogo dell’inconscio, un impulso ma anche l’incarnazio­ne di un linguaggio personalis­simo, unico. Solo suo.

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 ??  ?? Arabeschi Nelle immagini, alcune opere esposte da Massimo Minini
Arabeschi Nelle immagini, alcune opere esposte da Massimo Minini
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 ??  ?? IntrecciTr­a «Segni e forme», «Curve verdi» e cilindri in sicofoil e plexiglass, altri lavori di Accardi
IntrecciTr­a «Segni e forme», «Curve verdi» e cilindri in sicofoil e plexiglass, altri lavori di Accardi

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