Morì di otite a soli quattro anni «Un antibiotico l’avrebbe salvata»
I consulenti del pm: «Superficiale e poco accorta la condotta della pediatra»
Aveva solo quattro anni, Nicole. Il suo cuore si è arreso in rianimazione pediatrica al Civile all’alba del 5 aprile scorso, a causa di un ascesso cerebellare scaturito da un’otite trascurata. E dopo un calvario di oltre un mese, nel quale mamma Alessandra e papà Mattia, che vivono a Gottolengo, l’hanno più volte sottoposto a una serie di visite: dalla pediatra e in pronto soccorso. «Mi fa male», diceva sempre lei, toccandosi l’orecchio e il collo.
Quasi cinque mesi dopo, hanno depositato la loro relazione lunga 54 pagine i consulenti incaricati dal pm Claudia Moregola, che nel registro degli indagati ha iscritto 15 persone tra medici e sanitari i quali si presero cura della bimba: in studio, all’ospedale di Manerbio, in Poliambulanza e infine al Civile. Una conclusione su tutte: bastava un antibiotico, per salvare la vita della bambina. Testuale: «L’eventuale somministrazione puntuale dell’antibioticoterapia a partire dal 16 marzo avrebbe evitato, con elevata probabilità logica e scientifica, il netto aggravamento clinico e la consequenziale morte della piccola Nicole Zacco». Quello è il giorno in cui a visitarla (di nuovo) fu la pediatra di famiglia. Che in questa drammatica vicenda avrebbe giocato un ruolo fondamentale. «Superficiale e poco accorta» la sua condotta per il professor Francesco Ventura e la dottoressa Antonella Palmieri, che lavorano al Gaslini di Genova, tale da determinare «uno scorretto inquadramento clinico e uno sproporzionato ritardo diagnostico-terapeutico, il quale abbatteva pesantemente le probabilità di sopravvivenza della bambina». Perché «a fronte della persistente sintomatologia per oltre dieci giorni, avrebbe dovuto impostare una terapia antibiotica e richiedere una visita specialistica». Da qui, «rilevanti» sono definiti «i profili di critica» alla sua condotta: «Un comune antibatterico avrebbe implicato un repentino abbattimento della carica batterica e una ripresa clinica».
I medici del pronto soccorso di Manerbio (il primo dove fu portata la piccola nei giorni successivi) si limitarono invece «a una valutazione obiettiva approssimativa e superficiale», ma considerando che Nicole sarebbe morta 48 ore dopo al Civile, «appare plausibile sostenere che l’ascesso cerebrale con otomastoidite fosse già in atto al momento della visita». A fronte «del quadro clinico insidioso e protratto appariva doveroso e necessario eseguire esami e tampone per : una diagnosi più tempestiva». «Assolutamente categorico» impostare una immediata terapia antibiotica. Ma non avrebbe cambiato l’epilogo, nè i tempi. «L’inadeguata e negligente condotta medica non è sufficiente a supportare un nesso causale con il decesso della piccola». Scarse, a quel punto, le possibilità di regressione dell’infezione.
In Poliambulanza Nicole fu portata sabato 31 marzo, due ore prima di arrivare al Civile: «I medici si limitavano a un mero esame obiettivo senza prospettare alcun accertamento nè trattamento terapeutico nonostante l’anamnesi»: una condotta «inadeguata», tuttavia «si può affermare che anche la somministrazione di un antibiotico non avrebbe evitato il decesso della paziente». Non in quella fase ormai così avanzata.
Nulla da eccepire, invece, sul comportamento dei medici del Civile, dove la bimba è stata ricoverata, sottoposta a esami e operata: «Non sussistono colpe derivanti da imprudenza, imperizia o negligenza». Aveva solo quattro anni. E i suoi genitori, assistiti dall’avvocato Walter Ventura, aspettano di capire chi ha sbagliato. Gli indagati potranno presentare le proprie osservazioni alla consulenza della procura.