Medici di base, è emergenza
Fra dieci anni oltre la metà di quelli attualmente in servizio sarà in pensione
Tempo dieci anni e oltre la metà dei medici di medicina generale attualmente in servizio nell’Ats di Brescia (Valcamonica esclusa) saranno in pensione. Con il risultato che a fatica si potrà avere un medico comodo e vicino a casa (già ora, peraltro, in alcune zone della città alcuni mutuati sono senza medico e devono recarsi in altri quartieri per avere assistenza adeguata). Il problema deriva dall’età dei medici (l’età media è di 58 anni) e dal numero non sufficiente di laureati che possono seguire questa specialità.
La medicina del territorio si fa con gli ambulatori e con i camici bianchi, ma il problema è proprio il numero: nel bresciano, i medici di famiglia sono in continuo calo e nel corso di dieci anni saranno più che dimezzati (-55%), con 391 dottori su 713 che andranno in pensione.
Tradotto, i mutuati rischiano di rimanere senza un figura di riferimento: un problema serio, soprattutto per cronici e anziani. A livello nazionale, la Fimmg calcola che nel 2023 saranno 14 milioni gli italiani senza un medico di famiglia. Ma i «vuoti» si vedono già oggi anche da noi: a Brescia città, l’anno scorso, nei quartieri di Casazza e Caionvico centinaia di persone erano rimaste senza medico di base, mentre al Villaggio Sereno ancora oggi molti anziani devono prendere il pulmino (guidato dai volontari) per raggiungere dall’altra parte della città (Mompiano) l’ambulatorio dove si è spostato il medico di riferimento. Accadimenti non casuali, ma frutto di un trend di pensionamenti che nei prossimi anni non farà altro che aumentare. Ad oggi, nel territorio dell’Ats di Brescia (Valcamonica esclusa), visitano e operano 713 medici di base, con un’età media di 58,2 anni: a settanta ogni camice bianco raggiunge l’età per chiudere l’ambulatorio. Un traguardo che sarà conquistato da 391 dottori: tre alla fine di quest’anno, dieci nei prossimi due anni e poi, via via che si cresce, il trend aumenta. Trentaquattro pensionamenti nel 2021, quaranta l’anno dopo, 56 nel 2023, sessantuno nel 2024.
Sono numeri che rischiano di essere «molto impattanti», osserva Giovanni Gozio, medico di medicina generale in uno studio associato di Rezzato. Lui, che è anche membro del consiglio dell’Ordine di Brescia, sa che le nuove leve all’ingresso non riusciranno a colmare i medici in uscita.
«La Regione ha appena raddoppiato il numero dei borsisti per il prossimo triennio di medicina generale», che passa da circa ottanta a 165 (gli iscritti al bando sono 1.548). Sarebbe perfetto per Brescia, se non fosse che i 165 andranno divisi su 12 province per un totale regionale di quasi dieci milioni di abitanti. Tradotto, nel bresciano è verisimile che ne arrivino tra tre anni meno di venti. Quando, contestualmente, nel 2021 andranno in pensione 34 camici bianchi.
«Con le nuove leve i numeri saranno migliori, ma ancora insufficienti» ammette Gozio. Chi vuole diventare medico di famiglia oggi deve frequentare un corso di tre anni, perciò anche uno specialista di Medicina interna non può aprire l’ambulatorio di medicina generale e lavorare sul territorio con i suoi 1.500 mutuati: prima deve frequentare il percorso. Una scelta che continua a far discutere, tanto più oggi che c’è carenza di medici.
E senza dimenticare che gli specialisti di pediatria hanno invece la possibilità di diventare subito pediatri di base: su quest’ultimo fronte, nel bresciano lavorano al momento 127 medici.
Qui i pensionamenti saranno più graduali: dal 2018 al 2028 lasceranno in 45. Con questi numeri in calo, il rischio è soprattutto per le aree di montagna, dove la popolazione può rimanere orfana del medico più facilmente.
«È una situazione che porterà disagi. Si tratta di un collo di bottiglia — sostiene il dottor Gozio — difficilmente superabile nel breve periodo». E tuttavia già oggi «esistono accordi regionali» che prevedono la possibilità di incrementare il numero massimo di mutuati, nel caso i diversi tentativi di sostituire un dottore in pensione siano andati deserti. Si vedrà: di certo, serve un cambio di passo, visto che nei prossimi il saldo tra pensionamenti e nuovi medici sarà negativo. Mentre i bisogni assistenziali – con l’invecchiamento della popolazione – continueranno a salire.