UN CORSO PER GLI IMAM
Prenderà il via sabato, presso il centro culturale islamico di via Corsica, il corso per Ministri di culto promosso dalla Prefettura di Brescia – consiglio territoriale per l’immigrazione/tavolo interreligioso con le comunità islamiche – e organizzato dall’Università degli Studi di Brescia. Il corso durerà 5 giornate e vedrà la partecipazione gratuita di docenti universitari di solido spessore scientifico del Dipartimento di Giurisprudenza e della Università Cattolica. I temi trattati riguarderanno la relazione fra Stato e Religione, il rapporto fra Costituzione ed esercizio della libertà religiosa, le tutele previste in Italia e in Europa, la legislazione sui luoghi di culto, il rapporto fra sicurezza e libertà di religione, il mondo islamico di fronte alle sfide della modernità e una tavola rotonda conclusiva sugli strumenti interculturali per la gestione dei conflitti. Si tratta di un percorso articolato al quale parteciperanno esponenti delle comunità islamiche della Provincia di Brescia che svolgono o intendono svolgere la funzione di Ministro di culto. Facile capire la centralità di tale figura nelle dinamiche relazionali delle comunità islamiche con il territorio e nella gestione degli aspetti della sicurezza. Questo è un punto di fondamentale importanza; alcuni musulmani presenti in Europa, negli anni recenti, hanno espresso una certa ritrosia ad aprirsi al dialogo, quantomeno sui temi dell’esercizio della libertà di religione, ma la stragrande maggioranza, compresa la comunità bresciana, ha capito che tale dialogo costituisce elemento di promozione della convivenza, oltre ad arricchire l’area dello scambio culturale. E non vi si è sottratta. Il confronto che nasce dal tavolo interreligioso non esige soltanto conoscenza reciproca, ma anche l’apertura a discutere di diritti e doveri fondamentali dell’uomo, così come vengono posti e tutelati dagli ordinamenti. Si pensi al tema della laicità e alla sua non sempre chiara interpretazione che ha portato al dibattito, talvolta anche incomprensibilmente asperrimo, sulla esposizione dei simboli religiosi nei luoghi pubblici. Non per caso il dialogo deve iniziare chiedendosi a quale Islam parlare. A quello dei tanti bambini che giocano nel centro culturale di via Corsica mentre i loro genitori pregano o a quello delle persone accusate, anche nella nostra provincia, di essere succubi del proselitismo più pericoloso?
L’Islam non è e non ha una forma unica e anche se noi tendiamo a identificarlo soprattutto con l’area arabofona del medio oriente e del nord africa, in realtà comprende un mondo di un miliardo e mezzo di persone che va dall’Indonesia all’Africa, dall’Europa alla Cina. Questa dimensione dà conto delle ricchezze e delle differenze che l’Islam presuppone, nella consapevolezza che dialogo significhi soprattutto incontro, a maggior ragione se fra diverse culture che intendono riconoscersi e capirsi. Il corso nasce quindi dall’idea di responsabilità sociale della Università, delegata dal rettore Tira a chi scrive, raccoglie l’impulso del prefetto Vardé e unisce il prezioso lavoro di tutti coloro che, nelle molteplici occasioni che la quotidianità presenta, si relazionano costruttivamente con la comunità islamica locale. Probabilmente è un po’ banale dover ricordare come i ponti uniscano e i muri dividano, ma ancora una volta, in questa prospettiva, l’iniziativa bresciana potrebbe rappresentare un esempio anche a livello nazionale.