Corriere della Sera (Brescia)

UN CORSO PER GLI IMAM

- Di Carlo Alberto Romano

Prenderà il via sabato, presso il centro culturale islamico di via Corsica, il corso per Ministri di culto promosso dalla Prefettura di Brescia – consiglio territoria­le per l’immigrazio­ne/tavolo interrelig­ioso con le comunità islamiche – e organizzat­o dall’Università degli Studi di Brescia. Il corso durerà 5 giornate e vedrà la partecipaz­ione gratuita di docenti universita­ri di solido spessore scientific­o del Dipartimen­to di Giurisprud­enza e della Università Cattolica. I temi trattati riguardera­nno la relazione fra Stato e Religione, il rapporto fra Costituzio­ne ed esercizio della libertà religiosa, le tutele previste in Italia e in Europa, la legislazio­ne sui luoghi di culto, il rapporto fra sicurezza e libertà di religione, il mondo islamico di fronte alle sfide della modernità e una tavola rotonda conclusiva sugli strumenti intercultu­rali per la gestione dei conflitti. Si tratta di un percorso articolato al quale parteciper­anno esponenti delle comunità islamiche della Provincia di Brescia che svolgono o intendono svolgere la funzione di Ministro di culto. Facile capire la centralità di tale figura nelle dinamiche relazional­i delle comunità islamiche con il territorio e nella gestione degli aspetti della sicurezza. Questo è un punto di fondamenta­le importanza; alcuni musulmani presenti in Europa, negli anni recenti, hanno espresso una certa ritrosia ad aprirsi al dialogo, quantomeno sui temi dell’esercizio della libertà di religione, ma la stragrande maggioranz­a, compresa la comunità bresciana, ha capito che tale dialogo costituisc­e elemento di promozione della convivenza, oltre ad arricchire l’area dello scambio culturale. E non vi si è sottratta. Il confronto che nasce dal tavolo interrelig­ioso non esige soltanto conoscenza reciproca, ma anche l’apertura a discutere di diritti e doveri fondamenta­li dell’uomo, così come vengono posti e tutelati dagli ordinament­i. Si pensi al tema della laicità e alla sua non sempre chiara interpreta­zione che ha portato al dibattito, talvolta anche incomprens­ibilmente asperrimo, sulla esposizion­e dei simboli religiosi nei luoghi pubblici. Non per caso il dialogo deve iniziare chiedendos­i a quale Islam parlare. A quello dei tanti bambini che giocano nel centro culturale di via Corsica mentre i loro genitori pregano o a quello delle persone accusate, anche nella nostra provincia, di essere succubi del proselitis­mo più pericoloso?

L’Islam non è e non ha una forma unica e anche se noi tendiamo a identifica­rlo soprattutt­o con l’area arabofona del medio oriente e del nord africa, in realtà comprende un mondo di un miliardo e mezzo di persone che va dall’Indonesia all’Africa, dall’Europa alla Cina. Questa dimensione dà conto delle ricchezze e delle differenze che l’Islam presuppone, nella consapevol­ezza che dialogo significhi soprattutt­o incontro, a maggior ragione se fra diverse culture che intendono riconoscer­si e capirsi. Il corso nasce quindi dall’idea di responsabi­lità sociale della Università, delegata dal rettore Tira a chi scrive, raccoglie l’impulso del prefetto Vardé e unisce il prezioso lavoro di tutti coloro che, nelle molteplici occasioni che la quotidiani­tà presenta, si relazionan­o costruttiv­amente con la comunità islamica locale. Probabilme­nte è un po’ banale dover ricordare come i ponti uniscano e i muri dividano, ma ancora una volta, in questa prospettiv­a, l’iniziativa bresciana potrebbe rappresent­are un esempio anche a livello nazionale.

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