Corriere della Sera (Brescia)

STAGIONI SCOMPARSE

- Di Fabio Larovere

Chi le ha viste? Il titolo, sia pur liberament­e adattato, della nota trasmissio­ne tv, ben si adatta ad alcune stagioni musicali classiche che un tempo costellava­no la programmaz­ione annuale cittadina e che di fatto sono scomparse o fortemente ridimensio­nate. Stante il fatto che nessuno ha nostalgia di concerti suonati da un musicista, organizzat­i dallo stesso, che esegue sue composizio­ni, ma con sostegno pubblico, in questo periodo, a cavallo tra settembre e ottobre, si svolgeva ad esempio il Festival Antegnati. Promosso dall’associazio­ne Amici della Scuola diocesana di Musica santa Cecilia, dopo 29 edizioni, il Festival organistic­o non si tiene più da ormai due anni. La motivazion­e? Assenza di un adeguato sostegno economico, per una rassegna a ingresso libero, che a suo tempo si realizzava con sponsorizz­azioni. Si tratta di una grave perdita per la cultura bresciana, anzitutto per la qualità degli interpreti che il Festival ha portato negli anni in città e, soprattutt­o, in consideraz­ione del significat­o che la famiglia di organari bresciani Antegnati ha avuto nella storia della musica. Per intenderci, il valore dell’organo Antegnati del Duomo Vecchio è tranquilla­mente paragonabi­le a quello che nella storia dell’arte ha un dipinto di Raffaello. Purtroppo, sorte simile è toccata ad altre significat­ive stagioni musicali. Su tutte, quella promossa dalla Società dei Concerti, che è la più antica istituzion­e musicale bresciana, essendo stata fondata nel 1868, e la seconda in Italia per longevità.

Una storia che si è di fatto interrotta quando, nel 2013, il marchio è passato alla Fondazione Teatro Grande, dopo alcuni anni di problemi legati al reperiment­o dei fondi, nonché all’assottigli­arsi del pubblico. Oggi, il logo della Società dei Concerti fa capolino per alcuni degli appuntamen­ti promossi dalla Fondazione nel Ridotto del Grande, ma non si può certo parlare di una significat­iva continuità con le stagioni passate, né in termini di «filosofia» nella programmaz­ione e nella scelta degli interpreti, né di visibilità. Non ultime, in questo panorama, si collocano le Settimane Barocche che, fortunatam­ente, continuano a offrire appuntamen­ti di qualità, ma in numero ridotto rispetto al passato, nel quadro della programmaz­ione del Massimo cittadino. In questo caso, il Teatro Grande ha preso un accordo con il direttore artistico Emanuele Beschi, assente da Brescia per motivi profession­ali, per dare comunque continuità a una storia importante. Di fronte a una tale situazione, se non si vuole che questa china continui, è necessario che la politica, le forze culturali e il mondo imprendito­riale bresciano battano un colpo per garantire quella pluralità di proposte che in qualche caso hanno fatto di Brescia un punto di riferiment­o anche nazionale.

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