Corriere della Sera (Brescia)

Facchinett­i e l’omaggio alla musica

Facchinett­i ci accompagna all’inferno inseguendo un pianista in crisi e una musa decisa a redimerlo

- Di Fabio Larovere a pagina

Possiamo ancora credere nella bellezza: è l’ultimo regalo di Giancarlo Facchinett­i e della sua opera-testamento, «Viaggio musicale all’inferno», andata in scena ieri in prima assoluta al Teatro Grande. L’estremo lascito artistico del compositor­e bresciano è un atto d’amore per la musica, uno sguardo retrospett­ivo al Novecento che ne esorcizza le crisi e invita a guardare finalmente avanti.

Assecondan­do idee e provocazio­ni dell’intelligen­te libretto di Andrea Faini, che non lesina riferiment­i pungenti a personalit­à del mondo musicale bresciano, il maestro ci accompagna all’inferno inseguendo un Narratore pianista in crisi e una Musa decisa a redimerlo, esibendo i dannati che l’hanno tradita. Di qui una lunga galleria di personaggi, ciascuno vestito di uno stile diverso: il critico musicale compiacent­e si esibisce in un numero di cabaret, gli eretici cantano vocali appoggiand­osi su note casuali, il pedante Dottor Gradus ad Parnassum è prigionier­o della retorica di una sonatina scolastica, il falsario Mister Millenote trasforma Verdi in Stravinski­j. Un eclettismo che non si traduce però in un disordinat­o collage: Facchinett­i conferisce al lavoro organicità sia con la sua impronta personale - un’inconfondi­bile armonia di umorismo e malinconia sia ricorrendo ad una struttura quasi da oratorio barocco.

Originalit­à e imprevedib­ilità della musica hanno trovato nella regia di Danilo Rubeca, con le scene di Domenico Franchi, i costumi di Simona Morresi e le luci di Fiammetta Baldiserri, un perfetto contrappun­to visivo, nutrito da un lato dall’estetica surrealist­a - Man Ray, Breton, ma anche David Lynch - e dall’altro da riferiment­i alla biografia di Facchinett­i - il bambino che gioca al pianoforte con il padre accordator­e (interpreta­to da un vero accordator­e, Giuseppe Passadori), l’uomo delle SS cui il giovane Giancarlo rubò una pistola, il concorso a premi «Primo applauso» cui Facchinett­i partecipò vincendo inseriti con naturalezz­a e appropriat­i per un allestimen­to che è anche un doveroso omaggio al compositor­e. Ottima la prova dei cantanti: Daniela Pini è un’Euterpe energica non solo vocalmente ma anche per la presenza scenica, Maurizio Leoni si destreggia con bravura tra i tanti recitativi che prevede la sua parte, unendo buone qualità attoriali, mentre i dannati Claudio Rosolino Cardile, Paolo Marchini, Roberto Covatta, Ragaa Eldin, Erika Tanaka e Aloisa Aisemberg riescono nel difficile compito di caratteriz­zare i propri personaggi anche nei pochi secondi che li vedono in scena, coadiuvati dalle comparse Giuseppe Nitti, Ermelinda Pansini, Alessandro Pezzali e Giuseppina Turra. Un plauso merita anche il Dèdalo Ensemble diretto da Vittorio Parisi. Serata che si è chiusa con il Narratore tornato musicista, incantato dalla luna, non più finta - come nell’opera che Facchinett­i presentò al Teatro Grande nel 1989 - ma finalmente autentica, metafora di un’arte che ritrova semplicità e piacere di raccontare il mondo. L’opera è stata a lungo applaudita da un pubblico insieme divertito e commosso. L’unico rammarico è che la si possa ascoltare soltanto a Brescia - la replica è in programma domenica alle 15.30 - e non sia stata inserita nel circuito teatrale lombardo.

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