Corriere della Sera (Brescia)

Aria malata, Brescia la peggiore

Il record negativo dato dalla somma dei giorni fuorilegge per polveri fini e ozono

- Gorlani

In un anno solare l’aria respirata a Brescia è la peggiore di tutta la Lombardia. La colpa non è solo delle polveri sottili, che aumentano in inverno, quando l’inversione termica trattiene al suolo lo smog del traffico e i fumi del riscaldame­nto domestico, visto che i superi sono stati 81 contro i 105 di Cremona. Il triste record viene raggiunto calcolando anche le giornate estive in cui si è superato «il valore obiettivo» per l’ozono: 101 giorni, contro i 92 di Monza.

Polveri sottili in inverno e ozono in estate. Un binomio venefico che porta Brescia a primeggiar­e nella triste classifica lombarda dell’aria malata (e respirata dai suoi cittadini). I numeri impietosi sono riportati nel dossier Captor, stilato da Legambient­e Lombardia, che si basa sui dati ufficiali di rilevament­o delle centraline Arpa.

Nell’autunno-inverno del 2017 a Brescia città ci sono stati 81 superi dei limiti europei per il Pm 10 (è di 35 il numero limite di giornate previste con oltre 50 microgramm­i di polveri fini per metro cubo). Ci sono città che hanno avuto una serie negativa ben peggiore (si vedano i 105 giorni fuorilegge di Cremona, i 101 di Pavia ed i 97 di Milano). Ma l’associazio­ne ambientali­sta ha sommato anche i giorni in cui, nell’estate 2018, l’ozono ha superato il valore obiettivo per la protezione della salute (120 microgramm­i per metro cubo su una media di otto ore): «A Brescia i giorni di superament­o sono stati ben 101 nell’arco del semestre estivo 2018 — si legge nel report —. Se si valutano insieme i dati di superament­i dell’ozono con quelli di superament­o per le polveri sottili il risultato è sconcertan­te». Le giornate fuorilegge a Brescia nell’arco di un anno sono quindi 182, quattro in più che a Monza (178), sette in più che a Cremona (175), diciassett­e in più che a Bergamo (165). L’allarme riguarda comunque tutta la regione: «I Lombardi si trovano a respirare aria insalubre un giorno su due» commenta la presidente di Legambient­e Lombardia, Barbara Meggetto.

Le conseguenz­e per la salute sono note, messe nero su bianco da diversi studi scientific­i. Il progetto Viias, che calcola gli effetti nefasti di tutte le emissioni nocive rilasciate in atmosfera (polveri sottili, ossidi d’azoto, ozono) ha calcolato 803 decessi in più in provincia nell’anno 2010. Non meno rincuorant­i i dati di un report Ats, che ha calcolato in 438 le morti evitabili se solo fossero rispettati i livelli di legge per le polveri sottili.

Vero è che le concentraz­ioni di polveri fini sono negli anni in costante diminuzion­e, grazie allo svecchiame­nto del parco veicoli e degli impianti di riscaldame­nto. Non così invece per l’ozono, che è prodotto dal ricombinam­ento di ossidi d’azoto, ammoniaca, composti organici volatili prodotti da traffico, industrie, agricoltur­a. «Si tende a considerar­e l’inquinamen­to estivo da ozono un problema minore rispetto a quello dello smog invernale — spiega Meggetto —. Ma è sbagliato sia per gli impatti sulla salute, che sono amplificat­i dal maggior tempo passato all’aria aperta rispetto alle stagioni fredde, sia perché i due inquinamen­ti condividon­o la stessa origine: i micidiali ossidi d’azoto, le cui principali fonti emissive sono i motori dei veicoli, soprattutt­o quelli diesel». Da qui arriva la proposta forte di Legambient­e alla Regione, che dal 1 ottobre al 31 marzo ha introdotto divieti stringenti per i veicoli diesel Euro 3, che si estenderan­no anche agli Euro 4 a partire dal 2020: «Di fronte a questi dati conclude Meggetto — è chiaro che per la Lombardia, e in generale le regioni del bacino padano, le misure di limitazion­e delle emissioni inquinanti, a partire da quelle dovute ai diesel, devono diventare una assoluta priorità, e non più per i soli mesi invernali».

Intanto i giorni fuorilegge per il Pm 10 in città nel 2018 non hanno ancora superato la soglia critica: si è arrivati a 27 giorni di superi, contro i 60 di Rezzato dove incide non poco la presenza del pulviscolo generato dalle attività di cava.

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