Corriere della Sera (Brescia)

Papa Francesco «Le sue parole? Grande forza»

«Mi fa bene sentirle e risentirle>

- Di Marco Toresini mtoresini@rcs.it

Il Papa che viene dall’altra parte del mondo e il Pontefice mite della terra bresciana. Domani in piazza San Pietro si chiuderà un percorso che Papa Francesco ha fortemente desiderato sin dall’elezione al soglio che fu anche di Paolo VI, perché il papa bresciano è una presenza costante nei suoi messaggi e nei suoi scritti, sia che parli ai pellegrini bresciani, sia che invii un saluto agli aderenti della Federazion­e universita­ria cattolica (quella Fuci di cui Montini fu padre spirituale dal 1925 al 1933), faccia un discorso sulla missionari­età della Chiesa o parli all’assemblea plenaria del Pontificio consiglio per i Laici.

L’insegnamen­to di Paolo VI è vivo in Papa Francesco tanto da ringraziar­e i pellegrini bresciani nell'udienza concessa nella basilica di San Pietro del 22 giugno 2013 per «la possibilit­à di condivider­e il ricordo del Venerabile Servo di Dio Paolo VI». La beatificaz­ione di Montini avvenne solo l’anno successivo, dopo un lungo periodo di stasi, e trovò in Francesco uno «sponsor» convinto e uno sprone, così come per l’ultimo passo, quello della canonizzaz­ione.

«Sarebbero tante le cose da dire per ricordare questo grande Pontefice — ha ribadito Francesco cinque anni fa ai bresciani —. Pensando a lui mi limiterò a tre aspetti fondamenta­li che ci ha testimonia­to e insegnato, lasciando che siano le sue appassiona­te parole ad illustrarl­i: l’amore a Cristo, l’amore alla Chiesa e l’amore all’uomo».

«Paolo VI - ha continuato in quell’occasione - ha saputo testimonia­re, in anni difficili, la fede in Gesù Cristo. L’amore totale a Cristo emerge in tutta la vita di Montini, anche nella scelta del nome del Papa, da lui motivata con queste parole: è l’apostolo che in modo supremo amò Cristo che in sommo grado desiderò e si sforzò di portare il vangelo di Cristo a tutte le gente che per amore di Cristo offri la sua vita. Un profondo amore di Cristo non per possederlo, ma per annunciarl­o. Ricordiamo le sue appassiona­te parole a Manila: “Cristo! Sì, io sento la necessità di annunciarl­o, non posso tacerlo! Egli è il rivelatore di Dio invisibile, è il primogenit­o di ogni creatura, è il fondamento di ogni cosa; Egli è il maestro dell’umanità, il centro della storia e del mondo, il compagno e l’amico della nostra vita”».

Parole che Papa Francesco confida ai bresciani che lo stanno ascoltando di sentire come proprie: «sono state per me una forza spirituale, mi hanno fatto tanto bene nella vita. E io torno a questo discorso, torno e ritorno, perché mi fa bene sentire questa parola di Paolo VI oggi».

Un «oggi» che Francesco pare affrontare con in testa un messaggio chiaro. Lo ha ricordato il 19 ottobre 2014, proprio nel giorno della beatificaz­ione di Montini. «Mi ritornano in mente — ha ribadito nell’omelia — le parole con le quali istituiva il sinodo dei vescovi: “scrutando attentamen­te i segni dei tempi, cerchiamo di adattare le vie e i metodi... alle accresciut­e necessità dei nostri giorni e alle mutate condizioni della società».

Soddisfare “le accresciut­e necessità dei nostri giorni” è la sfida che papa Francesco ha raccolto sin dall’inizio del suo pontificat­o chiedendo a tutti di uscire dalle chiese e andare nelle periferie tormentati da una domanda che fu, innanzitut­to, una domanda di Paolo VI: «la Chiesa è veramente radicata nel cuore del mondo e tuttavia abbastanza libera e indipenden­te per interpreta­re il mondo? Rende testimonia­nza della propria solidariet­à verso gli uomini e nello stesso tempo verso l’Assoluto di Dio? È più ardente nella contemplaz­ione e nell’adorazione e in pari tempo più zelante nell’azione missionari­a, caritativa, di liberazion­e?».

«Sono interrogat­ivi — ha ribadito Bergoglio nel 2013 — rivolti anche alla nostra Chiesa d’oggi, a tutti noi, siamo tutti responsabi­li delle risposte e dovremmo chiederci: siamo veramente Chiesa unita a Cristo per uscire e annunciarl­o a tutti, anche e sopratutto a quelle che io chiamo le “periferie esistenzia­li”, o siamo chiusi in noi stessi, nei nostri gruppi, nelle nostre piccole chiesuole? O amiamo la Chiesa grande, la Chiesa madre, la Chiesa che ci invia in missione e ci fa uscire da noi stessi?».

Di Montini, Francesco ha ricordato spesso anche il suo apostolato alla guida della diocesi di Milano quando fu uno strenuo sostenitor­e delle missioni «ad gentes» in cui parlava di «ricerca dell’essenziale» invitando tutti ad essere veri e genuini nell’entrare nelle case dei milanesi. Un tema diventato centrale nella sua Esortazion­e apostolica «Evangelii nuntiandi», magna carta dell’impegno missionari­o post-conciliare. «Solo così — ha ricordato Bergoglio il 7 febbraio 2015 alla plenaria del Pontificio consiglio per i laici — si può proporre nella sua forza, nella sua bellezza, nella sua semplicità, l’annuncio liberante dell’amore di Dio. Solo così si va con quell’atteggiame­nto di rispetto verso le persone; si offre l’essenziale del Vangelo».

Per Francesco Paolo VI è stato una luce. Un esempio di «grande Papa», «coraggioso cristiano» e «instancabi­le apostolo». Una persona alla quale «davanti a Dio oggi non possiamo che dire una parola tanto semplice quanto sincera ed importante: grazie! Grazie nostro caro e amato Papa Paolo VI. Grazie per la tua umile e profetica testimonia­nza di amore a Cristo e alla sua Chiesa».

Il giudizio

È stato un grande Papa un coraggioso cristiano e un instancabi­le apostolo. Dobbiamo dirgli grazie per la sua testimonia­nza

L’attualità

Quelli di Montini sono interrogat­ivi rivolti anche alla nostra Chiesa d’oggi, a tutti noi, siamo tutti responsabi­li delle risposte

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Bergoglio Papa Francesco ha confidato di avere Paolo VI nel cuore

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