«C’è ancora molto da scoprire e capire sulla sua figura»
Tra i volti dei santi che ci sono cari uno attira in questo momento la nostra attenzione. È il volto di un ragazzo bresciano che i parenti e gli amici chiamavano Battista e che, con il nome di Paolo VI, è divenuto una delle figure più importanti della recente storia della Chiesa. La sua grandezza, che tale è agli occhi degli uomini soltanto perché lo è prima agli occhi di Dio, troverà pieno e definitivo riscontro il prossimo 14 ottobre con la sua canonizzazione, cioè con la proclamazione al mondo della sua esemplare santità. Figlio di genitori illustri, Giovanni Battista Montini appartiene a una delle più importanti famiglie di Brescia. Di questo egli mai si vanterà; quando le vie del Signore lo porteranno molto in alto nel servizio alla Chiesa e lo porranno in rapporto con le grandi moltitudini, egli sentirà il disagio di un’interpretazione delle sue origini che tendeva a relegarlo nella cerchia ristretta degli altolocati nella società. (...) Il futuro Paolo VI non si sentì mai un aristocratico. Neppure fu un intellettuale, se con questo termine si intende un uomo confinato nel mondo accademico e staccato dal vissuto della gente comune. (...) Egli amava stare in mezzo ai suoi giovani e i suoi giovani erano sinceramente affezionati al loro “don Battista”, ammirati dalla sua intelligenza acuta, umile e mite. È questo l’uomo che diventerà Papa il 21 giugno 1963 con il nome di Paolo VI, dopo l’importante esperienza come arcivescovo di Milano, iniziata nell’anno 1954. (...) Che cosa amiamo di più di questo Santo Papa? Anzitutto la fede. Era un vero uomo di Dio: i suoi occhi buoni lasciavano intravedere l’orizzonte nel quale costantemente si muoveva. Sentiva la presenza del grande mistero di bene che abbraccia il mondo. Era innamorato di Cristo, il Signore della storia, il Salvatore dell’umanità ferita. L’amore per questa umanità e per il mondo è la seconda caratteristica che colpisce in Paolo VI: un amore sincero e profondo, una vera simpatia, che mai viene meno, neppure quando si scontra con l’arroganza ingrata. La sua acuta intelligenza era tutta posta a servizio nel nome del Signore e quindi anche di difenderlo e di purificarlo; ma egli soprattutto felice di mostrarne la qualità, le potenzialità, le risorse. A fianco dell’amore per il mondo, c’è l’amore per la Chiesa: ogni suo scritto personale ne è pervaso. Un amore appassionato, accompagnato da un senso lucidissimo del suo mistero e della sua altissima missione. Infine la sua umiltà e mitezza, che emergono anche dal mondo in cui si rapporta con gli ambienti delle sue origini. Paolo VI rimarrà sempre affezionato ai luoghi della sua infanzia, ma anche alla sua diocesi. Diventare Papa non significò mai per lui smettere di essere bresciano. Avrei tanto desiderio che Paolo VI fosse meglio conosciuto, anche qui nella sua terra. Sono convinto che vi sia ancora molto da scoprire di lui, della sua eredità spirituale. Conoscerlo di più ci permetterà di amarlo di più e di capire per quale via potremmo giungere a una sincera devozione popolare nei suoi confronti. Considero questo un nostro compito per gli anni a venire, a partire dalla celebrazione della canonizzazione del prossimo 14 ottobre.